Zelensky: «Sono pronto a dimettermi se l’Ucraina aderirà alla Nato»

Il leader ucraino ha parlato con la stampa internazionale a Kiev: «Il mio approccio è pragmatico. Le offese di Trump? Degli Stati Uniti abbiamo bisogno»

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di Lorenzo Cremonesi

Chiamarlo «pragmatico», come lui stesso si definisce, è ancora troppo poco. Perché ieri Volodymyr Zelensky ha parlato per oltre due ore a centinaia di giornalisti carico d’energia e desideroso di spiegare come non si vedeva da tempo. Si è detto pronto a lasciare il suo posto se l’Ucraina venisse accettata nella Nato, è tornato a parlare della necessità di una forza militare europea unitaria con un posto per l’esercito ucraino, si dice speranzoso di trovare un accordo con gli americani, esalta il ruolo turco, spiega come mai è impossibile tenere elezioni sotto la minaccia delle bombe e con il Paese invaso, passa sopra alle offese personali in nome della salvezza nazionale. Bisogna tornare ai primi mesi dell’invasione russa tre anni fa per ritrovare questo spirito barricadiero nel presidente ucraino. Sembra proprio che le offese di Trump e le difficoltà della guerra all’ombra della minaccia di un accordo tra Mosca e Washington tramato alle sue spalle, al posto di scoraggiarlo, l’abbiano motivato ancor più alla lotta.

La provocazione

La frase che più ha colpito gli osservatori internazionali è stata in riferimento alle sue eventuali dimissioni. «Se si arrivasse alla pace per l’Ucraina, se proprio si vuole che io me ne vada, allora sono pronto a farlo in cambio all’adesione dell’Ucraina alla Nato», ha esclamato nella grande sala dell’hotel Intercontinental, dove si teneva la conferenza per marcare l’inizio del quarto anno di guerra. Il 24 febbraio 2022 probabilmente nessuno tra i giornalisti presenti avrebbe mai pensato che tre anni dopo Zelensky sarebbe stato qui a parlare ancora ben saldo alla testa del suo Paese. Infatti, lui accenna alle dimissioni come una provocazione: la sua missione fondamentale resta continuare a chiedere «garanzie internazionali armate», solo allora potrà eventualmente fare concessioni territoriali in cambio di accordi di pace. Però non bastano le belle promesse, altrimenti «nel futuro, magari tra meno di 10 anni, Putin tornerà ad attaccare».

Le accuse di Trump

Ma come vede le accuse di essere un «dittatore impopolare che ha provocato la guerra», come ha detto Donald Trump? E non crede che l’Europa sia troppo debole per prendere il posto degli Stati Uniti: guardi Giorgia Meloni, che un anno fa era qui con lei a prometterle amicizia per il secondo anniversario della guerra e invece oggi non c’è, cosa ne pensa? Gli chiede il Corriere della Sera. Lui fa un profondo respiro, poi risponde concentrato: «Non c’è spazio per le emozioni a questo punto. Ho assunto un approccio pragmatico con l’attuale amministrazione americana e continuerò a farlo. Diciamo che Trump non mi ha fatto dei complimenti. Ma perché mai dovrei offendermi? Soltanto i veri dittatori si offendono. E io la vedo così: cosa posso farci? In ogni caso noi abbiamo bisogno degli Stati Uniti, in qualche modo dobbiamo convivere», ha aggiunto, ricordando che gli ultimi sondaggi gli danno il 65 per cento del sostegno popolare.

Con Meloni ottimi rapporti

Quanto alla premier italiana, le sue parole restano improntate alla necessità di non rompere con i partner europei: «Con Meloni ho ottimi rapporti. Se ho ben capito in questi giorni va in Medio Oriente. Mi aveva detto che voleva venire da noi, ma non può. Però sarà nel forum online, ci parleremo».

La trattativa sulle terre rare

Sempre in materia di cosa da fare, Zelensky si è dilungato a spiegare i dettagli della trattativa sulle «terre rare» ucraine con gli americani. Occorrerà comunque il placet del Parlamento: «L’accordo in sé non vale come garanzia per la nostra sicurezza».

 

fonte: CORRIERE DELLA SERA

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