Il Parlamento europeo ha approvato la nuova Commissione con la maggioranza più risicata di sempre
Brahim Maarad
AGI – Il Parlamento europeo ha dato il via libera alla nuova Commissione di Ursula von der Leyen per il mandato 2024-2029. Ma lo ha fatto con una maggioranza molto risicata: 370 a favore, 282 contrari e 36 astenuti. Con una percentuale del 51,4% (anche se non è richiesta la maggioranza assoluta) si tratta del risultato più basso della storia di Strasburgo. Frutto dei bracci di ferro e dei veti incrociati delle ultime settimane in un clima avvelenato dalle partite nazionali, in particolare quella spagnola, e dalle frizioni interne ai gruppi.
Non era prevedibile ma dal clima in Aula – molto spento – in cui von der Leyen ha presentato la sua nuova squadra si poteva intuire. La leader tedesca nel voto di luglio – sulla sua riconferma come presidente dell’esecutivo di Bruxelles – aveva ottenuto 401 sì. Era un voto segreto ma in cui aveva reso palese il proprio sostegno la cosiddetta piattaforma centrista (popolari, socialisti e liberali) con il supporto aggiuntivo dei Verdi permettendo così di fare affidamento su una base di 454 voti. Lo scenario non si è potuto ripetere. Le ragioni dello stravolgimento che nel frattempo si è consumato sono sintetizzabili in due nomi ma certamente sono più ampie e indicano un malumore che i gruppi della maggioranza tradizionale si trascinavano dall’esito delle elezioni di giugno da cui sono uscito quasi tutti indeboliti (salvo il Ppe). I due nomi sono quelli della spagnola Teresa Ribera, la socialista indicata come vicepresidente esecutivo per la transizione ecologica e la concorrenza e dell’italiano Raffaele Fitto, vicepresidente esecutivo per la Coesione e le riforme. Von der Leyen li ha difesi entrambi nella sua presentazione in plenaria. “È ben preparata per garantirci una politica di concorrenza moderna a sostegno delle nostre ambizioni. È una vera e devota europea”, ha detto di Ribera. Di Fitto invece si è intestata l’operazione: “È una scelta che ho fatto io. Anche perché so quanto sia vitale dare alle regioni l’importanza politica che meritano”.
L’intento – ufficializzato ieri dal leader del Ppe, Manfred Weber – era di strappare la benedizione di una maggioranza che andava dai Verdi alla parte più moderata dell’Ecr, ossia Fratelli d’Italia, pur tenendo in conto le defezioni che un’operazione del genere avrebbe comportato. L’operazione non è riuscita. Al momento del voto il quadro che si è cristallizzato è andato oltre le previsioni più pessimistiche. Persino la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, ha avuto un attimo di esitazione prima di pronunciare la formula “adottato” quando ha visto questi numeri: 370 sì, 282 no e 36 astenuti.
Le defezioni alla fine sono state tante e hanno pesato molto. Solo tra la maggioranza Ursula – lei stessa lunedì ha detto che è composta da Ppe, S&d, Renew e Verdi – si è giocata 101 voti: 69 contrari e 32 astenuti. Il gruppo dei Verdi si è spaccato a metà (27 a favore, 19 contro e 6 astenuti), tra i socialisti sono mancati 43 voti (90 a favore, 25 contrari e 18 astenuti) e tra i popolari 27 (151 sì, 25 contrari e 2 astenuti). I liberali di Renew sono risultati i più fedeli: 67 a favore e 6 astenuti. Fuori dalla maggioranza tradizionale, i voti a favore sono arrivati solo dai conservatori (33 a favore, 39 contrari e 4 astenuti). Compatti invece sul no Patrioti (Lega compresa), Sovranisti e Sinistra.
Von der Leyen vede comunque il bicchiere mezzo pieno: “Oggi è un buon giorno per l’Europa perchè questo voto dimostra che il centro tiene. Sono molto grata per la fiducia espressa dal Parlamento al nuovo Collegio. Ci consente di iniziare ora, il primo dicembre. Siamo impazienti di partire. Ed è fondamentale, perchè il tempo stringe. Affrontiamo sfide politiche significative all’interno della nostra Unione, ai nostri confini e nel nostro vicinato. Dobbiamo rafforzare la nostra competitivita’. E l’impatto del cambiamento climatico si fa sentire sempre più fortemente”, ha detto nella conferenza stampa dopo la votazione. Nella sua presentazione aveva annunciato una Bussola per la competitività basata sul rapporto di Mario Draghi e da costruire su tre pilastri: colmare il divario di innovazione con gli Stati Uniti e la Cina; un piano congiunto per la decarbonizzazione e la competitività e aumentare la sicurezza e ridurre le dipendenze. Ha confermato il suo impegno a mantenere la rotta per gli obiettivi del Green deal ma con “un accompagnamento migliore delle persone e delle imprese”. Così come ha annunciato che terrà un dialogo strategico sul settore dell’auto, come fatto nei mesi scorsi sull’agricoltura. E ancora: ha promesso maggiore impegno per la difesa, con più investimenti ma senza riferimento a debito comune o eurobond.
Fatta la nuova Commissione, i gruppi politici sono tornati a litigare: Verdi e socialisti accusano il Ppe, e Weber in particolare, di aver voluto aprire alla destra e chiudere ai Verdi. La destra rivendica la possibilità di una maggioranza diversa. Verdi, liberali e socialisti continuano ad attaccare Fitto (definito più volte post-fascista nel dibattito), i popolari spagnoli non perdonano Ribera. La maggioranza rimane instabile. Lo era ieri, lo è di più oggi.
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