La ragazza era stata rapita durante l’assalto di Hamas al festival musicale di Reim ed era creduta ancora viva
AGI – Il corpo della cittadina israelo-tedesca Shani Louk, che si riteneva fosse stato rapita e viva durante l’assalto di Hamas al festival musicale di Reim, è stato ritrovato oggi; la sorella di Louk, Adi, ha confermato la morte di Shani su Instagram, lo scrive il Jerusalem Post. Louk è stata vista in un filmato condiviso il giorno dell’attacco mentre giaceva immobile sul retro di un camion dopo essere stata rapita e portata a Gaza. Non era chiaro se fosse viva nel video, anche se la madre di Louk ha poi dichiarato che era viva.
Shani era una tatuatrice e influencer tedesco-israeliano ed era divenuta il simbolo del massacro di Reim quando, seminuda e apparentemente priva di sensi, era stata portata in ‘parata’ per le strade di Gaza dai militanti di Hamas nel retro di un pickup. Nel video, mentre i miliziani urlavano “Allah è grande” tra gli applausi della folla, alcuni palestinesi le sputavano addosso.
Descritto da esperti e commentatori di sicurezza come propaganda di Hamas, era diventato uno dei primi video virali della guerra. Il suo caso era tornato al centro dell’attenzione quando sua madre, che diceva di aver ricevuto informazioni secondo cui era viva e ricoverata in un ospedale di Gaza, aveva chiesto aiuto al governo tedesco.
Da allora le autorità di Berlino la contavano tra gli otto cittadini tedeschi presi in ostaggio. Shani Louk era nata il 7 febbraio 2001 da padre israeliano e madre tedesca. Ricarda Louk aveva vissuto a Ravensburg, in Germania, e si era trasferita in Israele all’inizio degli anni ’90. Da lì la famiglia si era trasferita a Portland, in Oregon all’inizio degli anni 2000, e lì era nata Shani che aveva frequentato l’asilo nella Portland Jewish Academy.
Viveva a Tel Aviv, dove lavorava come tatuatrice freelance. I miliziani di Hamas l’avevano catturata durante l’incursione e il massacro al festival musicale Supernova Sukkot Gathering, festival di trance psichedelica all’aperto, in coincidenza con la festa ebraica di Sukkot, nel deserto del Negev, a circa 5 chilometri dalla barriera Gaza-Israele. Era al festival, accompagnata dal suo fidanzato, un cittadino messicano. Nel mezzo dell’attacco era riuscita a parlare al telefono con la madre, avvertendola di ciò che stava accadendo e dicendo di non sapere dove nascondersi.
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