Teatri occupati in Francia: “Garanzie per la riapertura e sostegno ai lavoratori. Vogliamo essere un cluster di mobilitazione sociale”

Intervista a Renata Antonante, attrice italiana trapiantata a Parigi, che insieme ad altri manifestanti sta occupando lo storico teatro dell’Odeon. Una battaglia che riguarda non solo il mondo dello spettacolo ma anche altri settori, colpiti dalla crisi legata alla pandemia

di Chiara Cecchini (Today)

Il primo è stato l’Odéon di Parigi, un luogo simbolo del Maggio Francese nel 1968. Poi a distanza di pochi giorni diversi altri teatri in Francia sono stati occupati dai lavoratori dello spettacolo per una protesta che dal 4 marzo ad oggi ha acceso gli animi e portato all’occupazione già di più di una decina di strutture.

Le richieste vanno da prospettive chiare e garantite per una riapertura in sicurezza al prolungamento del cosiddetto “anno bianco”, ossia la proroga degli indennizzi per i periodi in cui i lavoratori dello spettacolo non hanno potuto lavorare a causa della pandemia, passando per il ritiro della proposta di legge sulla riforma dell’indennità di disoccupazione dei lavoratori a regime generale.

L’attrice Renata Antonante, italiana di Cosenza ma da ormai diversi anni in Francia, è tra gli occupanti dell’Odéon. Con lei, a margine dell’assemblea generale che si tiene ogni giorno nel teatro, facciamo un bilancio di questi primi nove giorni di mobilitazione, mentre da altre città della Francia arrivano le notizie di nuove occupazioni.

Perché l’occupazione del teatro Odéon: diritti per i lavoratori dello spettacolo e non solo

“L’occupazione dell’Odéon è partita su iniziativa del sindacato maggioritario Cgt, ossia la confederazione generale del lavoro: politicamente è un po’ l’equivalente della Cgil italiana. Al suo interno la federazione che si occupa dello spettacolo è molto attiva”, spiega.

Le rivendicazioni degli occupanti non riguardano soltanto il mondo cosiddetto degli “intermittenti”, ossia quello dei lavoratori dello spettacolo, con contratti sia tecnici sia artistici, ma riguardano tutti i lavoratori e soprattutto tutti i precari, insieme a un impegno per la riapertura “non senza una discussione”.

“La prima richiesta è discutere le modalità della riapertura, perché non basta dire ‘ok, riapriamo’, ma serve un piano finanziario di accompagnamento alla riapertura: ci saranno infatti diversi problemi di imbottigliamento delle programmazioni, delle distribuzioni cinematografiche, ad esempio”.

Poi c’è la questione dell’anno bianco. “Le indennità di disoccupazione dei lavoratori dello spettacolo sono state prolungate fino al 31 agosto 2021. Ovviamente questa misura era stata presa pensando che tra l’autunno e l’inverno avremmo ripreso il lavoro.

Così però non è stato, per questo ne chiediamo il prolungamento altrimenti dal 31 agosto ci sarà una ecatombe di lavoratori dello spettacolo, che si ritroveranno a poter contare solo sulla Rsa, il reddito di solidarietà attiva. Una sorta di reddito di cittadinanza”.

Ma gli occupanti non guardano solo alle questioni legate al mondo del spettacolo: il loro è un discorso più generale “sulla precarietà e sulla gestione che questo governo ha fatto della crisi pandemica, sfociata in una crisi sociale molto forte”, denuncia Antonante.

L’avversata riforma dell’indennità di disoccupazione per i lavoratori a regime generale rientra in questo contesto: “Era già stata proposta prima della pandemia, poi il governo l’aveva accantonata e adesso è stata rimessa sul tavolo, per entrare in vigore a luglio. Questa riforma punta a fare economie sulla pelle dei disoccupati.

Vogliono rendere più difficoltose le condizioni di accesso all’indennità di disoccupazione e avere una disoccupazione degressiva nel tempo: più non riesci a trovare lavoro e più non avrai soldi, per dirla in parole povere”.

“Facciamo rete”

Una protesta quindi che esce dal campo culturale e guarda ai diritti generali dei lavoratori. Ogni giorno alle 14 gli occupanti tengono una “agorà”, un’assemblea generale con la piazza. È un momento di grande partecipazione, ammette Antonante. “Qualche giorno fa ad esempio pioveva. Pensavo che con la pioggia quel giorno l’assemblea sarebbe andata quasi deserta, invece è venuta molta gente.

Questo testimonia che c’è davvero la necessità di vedersi, discutere, organizzarsi e stare insieme”. A questa agorà partecipano – e sono invitati a partecipare – anche i rappresentanti di altre proteste e di altri settori lavorativi. E ovviamente, trattandosi di un movimento composto da operatori dello spettacolo, non manca la musica. Ci sono poi anche le voci degli altri teatri occupati. “Stiamo cercando di fare rete”, dice Antonante.

Da “fuori” c’è grande solidarietà. Sui profili social dell’Odéon occupato sono arrivati decine e decine di messaggi di solidarietà e sostegno, ma non sono mancati anche aiuti più concreti. C’è infatti chi ha lasciato fuori dal teatro pacchi e doni per gli occupanti, dalle scorte di cibo ai prodotti sanitari.

L’occupazione al tempo del Covid

All’Odéon al momento ci sono una quarantina di persone. La maggior parte sono lavoratori dello spettacolo ma non solo. “Abbiamo anche delle guide turistiche, che da un giorno all’altro si sono ritrovati senza lavoro in una situazione drammatica e con pochissima protezione sociale”, dice Antonante.

È una protesta trasversale anche per quanto riguarda l’età dei partecipanti: “All’Odéon siamo abbastanza misti, non ci sono solo giovani. Ma ad esempio, il teatro nazionale della Colline, sempre a Parigi, è stato occupato dagli studenti delle scuole nazionali di teatro”.

occupazione odeon ansa 1-2

Dopo la storica occupazione del 1968, il teatro dell’Odéon è stato occupato più volte. Quella del ’68 è rimasta storica anche perché proprio lì si realizzò una convergenza tra intellettuali e operai, ricorda Antonante. “Le successive occupazioni erano sempre state legate a rivendicazioni del mondo culturale, mentre oggi speriamo ci sia una nuova convergenza con gli altri settori lavorativi.

Noi alla fine siamo pochi, ma abbiamo più facilmente accesso ai microfoni e ai mezzi di comunicazione, quindi cerchiamo di fare un po’ da megafono anche per altre situazioni”.

L’11 marzo c’è stato un incontro dei rappresentanti del settore con il primo ministro Jean Castex, che ha annunciato diverse misure in merito ma per Antonante “si tratta di poca roba rispetto alle richieste fatte”.

Nei primissimi giorni dell’occupazione dell’Odéon la ministra della cultura Roselyne Bachelot è venuta in teatro. “Ha ascoltato molto e ha annunciato… niente! Ha detto ‘Ci stiamo lavorando, ma non ho niente da annunciarvi’”. Poi però ha criticato le occupazioni, definendole “inutili e pericolose”

“Teniamo perennemente la mascherina, abbiamo del gel idroalcolico dovunque, apriamo continuamente le finestre per far arieggiare gli ambienti, che sono molto ampi, essendo il teatro dell’Odéon molto grande. Chi è uscito, quando è tornato ha fatto un test”, garantisce Antonante. “Stiamo davvero molto attenti a non diventare un cluster. Vogliamo diventare solo un cluster di mobilitazione sociale, non di covid”.

 

fonte: Taday

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