Milano, riaperto il caso della scrittrice, in cura per depressione a Villa Turro: uscì dalla struttura con la scusa di un caffè e si buttò nel vuoto
di ANNA GIORGI
Milano, 28 aprile 2021 – È stato iscritto nel registro degli indagati il medico che aveva in cura Alessandra Appiano la bella scrittrice, giornalista e opinionista tv, di 59 anni, che si è tolta la vita nel giugno del 2018, gettandosi dall’ottavo piano di un hotel di lusso, in zona Turro. A febbraio era stata resa nota dalla procura la notizia che la morte della donna non sarebbe stata archiviata, così come chiesto in un primo momento dal pm. Da subito era parso necessario un approfondimento su alcuni aspetti legati alla morte della scrittrice. La patologia di cui soffriva la Appiano era stata diagnosticata con lo scrupolo necessario o c’erano state delle leggerezze? Qualcuno aveva un obbligo di sorvegliarla all’interno dell’ospedale in cui era ricoverata, per evitare che commettesse gesti estremi? Il pm di turno quel giorno aprì un fascicolo a modello 45 per suicidio, cioè un fascicolo senza ipotesi di reato, né indagati per procedere con accertamenti più approfonditi. Il giudice Patrizia Nobile rigettò la prima richiesta di archiviazione, accogliendo l’istanza del marito della Appiano che si basava soprattutto sulla mancata “protezione” della paziente, la bella giornalista, da parte della struttura medica che la ospitava.
La donna, scrittrice di successo, vincitrice del premio Bancarella nel 2003, impegnata nel sociale, nei temi che riguardavano le donne e volto noto in tv, era ricoverata nel reparto Psichiatria-Disturbi dell’umore, dell’ospedale “San Raffaele Villa Turro”, nelle prima periferia della città. Il giorno in cui si suicidò, con la scusa di un permesso per un caffè in un bar, uscì indisturbata dalla struttura.
Poco prima aver scritto un messaggio al marito dicendo che lo attendeva per le 12. In realtà la Appiano uscì da villa Turro, attraversò la strada entrò nell’hotel che dista una manciata di metri, salì all’ultimo piano nella terrazza-bar e lì si lanciò nel vuoto. E’ possibile che proprio in quel momento, mentre attendeva l’amatissimo marito, volesse suicidarsi? Era, per la precisione, il 3 giugno del 2018. Da allora è iniziata la battaglia legale del marito, Nanni Delbecchi, devastato dalla perdita della adorata moglie perché venga riconosciuta la responsabilità della struttura in termini di carenza di protezione e “negligenza”, secondo l’espressione usata dall’avvocato Lucilla Tassi, che assiste Delbecchi, nell’omissione di controllo.
L’interrogatorio del medico indagato avrà proprio lo scopo di chiarire i contorni di una eventuale responsabilità nei termini di un omesso controllo. Poteva, in sostanza, la paziente essere “costretta” a restare in ospedale? Oppure per il tipo di patologia che le era stata diagnosticata, un disturbo depressivo, aveva la libertà di uscire dall’istituto?
Fonte: il Giorno
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