Il lancio rappresenta un passo cruciale verso l’obiettivo di rendere Starship completamente riutilizzabile: l’enorme booster Super Heavy è stato afferrato in fase di atterraggio da due bracci della torre «Mechazilla»
di Paolo Ottolina
SpaceX, la compagnia spaziale privata fondata da Elon Musk, ha realizzato con successo un test di volo importante per il suo razzo Starship. Il booster del razzo è stato recuperato e posato al suolo dai bracci robotici della base «Mechazilla», tra il giubilo e le urla di entusiasmo dei tecnici e scienziati della Starbase, la base di Boca Chica, in Texas.
Il lancio, battezzato Starship Flight 5, rappresentava un passo cruciale verso l’obiettivo di rendere Starship completamente (e rapidamente) riutilizzabile, trasformando l’accesso futuro allo spazio. È importante ricordare che Starship è il veicolo spaziale più grande e potente mai realizzato. È composto da due stadi: Starship è il nome in verità della sola navicella, che costituisce la parte superiore. Sotto c’è il booster Super Heavy che la sostiene al decollo e che con i suoi 33 motori Raptorgenera una spinta di circa 74 meganewton. Se quest’unità di misura vi dice poco, considerate che è un valore quasi 700 volte più potente di un comune aereo di linea come l’Airbus A320neo. Una potenza tale da consentire, secondo i calcoli, di portare in orbita bassa un carico utile di almeno 150 tonnellate.
Test chiave per il recupero del booster con «Mechazilla»
Perché era importante questa missione di Starship? Soprattutto per le fasi di atterraggio. SpaceX ha tentato, e realizzato al primo colpo, il recupero del booster Super Heavy dopo il lancio. Finora, nei test precedenti, sia il booster che la navicella Starship avevano effettuato solo atterraggi simulati in mare. Questa volta, invece, è stato realizzato l’obiettivo di far atterrare Super Heavy direttamente sulla piattaforma di lancio. Per recuperare il booster, SpaceX ha utilizzato una struttura unica nel suo genere, soprannominata “Mechazilla” da Musk stesso. Mechazilla, nella saga di Godzilla, è una versione robotica del «lucertolone» atomico. Il soprannome rende bene le dimensioni e le caratteristiche della torre: alta circa 150 metri, è dotata di enormi bracci meccanici o «chopsticks» (le bacchette cinesi), progettati per afferrare il razzo al volo durante la sua discesa. Un’impresa che non era mai tentata prima e che è di enorme complessità tecnica. Un’idea che sembra uscita da un cartone animato giapponese di robot anni Ottanta e che vista dal vivo nella diretta streaming ha lasciato a bocca aperta. Si tratta di un punto chiave, su cui SpaceX punta molto: in futuro l’azienda di Musk vuole utilizzare lo stesso metodo anche per recuperare la navicella Starship. Per ora ci si è concentrati sul booster, visto che in questo test Starship è destinata, dopo un volo non lungo, a finire in una zona ben definita dell’oceano Indiano.
L’atterraggio e le difficoltà
Il booster Super Heavy, dopo essersi separato dalla navicella Starship, ha invertito la rotta ed è rientrato nell’atmosfera. Durante la discesa, ha rallentato con i suoi razzi dalla velocità supersonica, generando un boom sonico udibile a grande distanza. Avvicinandosi al suolo, il booster ha effettuato una complessa manovra per posizionarsi verticalmente e accendere i motori per l’atterraggio. A quel punto, i bracci meccanici della torre Mechazilla lo hanno afferrato al volo con precisione millimetrica per consentirgli di adagiarsi sulla piattaforma.
Il recupero del booster tramite Mechazilla presentava difficoltà enormi. Qualsiasi imprecisione nella manovra di rientro o nel funzionamento dei bracci meccanici poteva compromettere l’operazione. Inoltre, le sollecitazioni termiche e strutturali a cui è sottoposto il razzo portano all’estremo limite la resistenza dei materiali. Un singolo componente difettoso può causare cedimenti catastrofici. Ma in SpaceX sono abituati ad accettare rischi calcolati pur di accelerare l’innovazione e la loro scommessa ha pagato anche in questo caso.
L’atterraggio dei booster dei razzi dopo il volo è un’impresa che SpaceX ha realizzato moltissime volte con il Falcon 9, il suo razzo più piccolo: in quel caso i booster atterrano i modo coordinato e ipnotico su piattaforme marittime o a terra, ma Starship è un sistema molto più potente e complesso.
In questo grafico della Bbc è possibile comprendere bene come funziona Mechazilla:
Un passo verso la riutilizzabilità completa
Dopo questo successo SpaceX fa un passo sostanziale verso l’obiettivo di rendere Starship del tutto riutilizzabile. L’idea è quella di poter far atterrare il razzo, rifornirlo di carburante e farlo decollare di nuovo nel giro di poche ore, trasformandolo in un mezzo di trasporto spaziale economico, flessibile come un aereo. Un traguardo che rivoluzionerebbe l’esplorazione umana dello spazio.
Le potenzialità di Starship sono, nella visione di SpaceX, molteplici. Si punta a utilizzare il vettore (anche) per lanciare in orbita i satelliti della costellazione Starlink. In prospettiva, Starship sarà il veicolo con cui la Nasa riporterà l’uomo sulla Luna nell’ambito del programma Artemis. E ancora più in là, forse già nel prossimo decennio ma a detta di Musk anche prima, questo razzo gigantesco (è alto oltre 120 metri, più del Saturn V, che portò l’uomo sulla Luna) dovrebbe condurre i primi esseri umani su Marte, aprendo le porte alla colonizzazione del pianeta rosso.
Fonte: CORRIERE DELLA SERA
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