I genitori di Sharon Verzeni, Bruno e Maria Teresa Previtali, interrogati sette ore. L’autopsia: un’aggressione fulminea, che potrebbe non avere lasciato tracce dell’assassino. E spunta un super testimone affacciato a un balcone
E se l’assassino di Sharon Verzeni non avesse lasciato alcun Dna da comparare? È uno scenario con il quale gli inquirenti che indagano sull’omicidio della barista di 33 anni, uccisa in strada a Terno d’Isola la notte del 30 luglio, potrebbero dover fare i conti. Perché gli esiti dell’autopsia, filtrati ora in maniera un poco più dettagliata, restituiscono l’immagine di un’aggressione «pulita», avvenuta in modo fulmineo, senza grandi spazi di manovra per gli esperti del Ris. Bisogna sperare in un contatto avvenuto tra la vittima e il killer, e che qualcosa sia rimasto sugli abiti in corso di analisi, una traccia di sudore, magari di sangue se l’assassino si fosse ferito nell’infliggere i quattro colpi. Ma non è scontato proprio per la rapidità con cui ha agito, e forse anche per questo si procede con misura ad acquisire test in caserma. I tamponi per ora sono limitati a soggetti mirati, qualche decina in tutto.
Le mancate urla, non si può dire se Sharon Verzeni sia stata colpita prima di spalle
Sarebbe più semplice fare ragionamenti con l’arma del delitto davanti, che però tuttora manca, un pugnale o più probabilmente un grosso coltello da cucina a lama unica. Di sicuro, non c’è nulla da analizzare sotto le unghie della ragazza, corte e ben curate. I lividi su braccio e avambraccio sinistro sono poca cosa, del tutto compatibili con i segni che potrebbero avere lasciato i soccorritori nel tentativo di rianimarla. E altro non è emerso. Senza testimoni e senza immagini dei momenti cruciali, dalle sole ferite il responsabile dell’Unità di medicina legale dell’ospedale Papa Giovanni XXIII, Matteo Marchesi, non può nemmeno fornire alla Procura indicazioni sulle caratteristiche dell’assassino: se è mancino, se è alto di statura, se è uomo oppure donna. Né se ha sorpreso Sharon alle spalle, con inizialmente le tre coltellate ai polmoni che le sono state letali, oppure se il primo colpo sia stato quello al torace, comunque non così superficiale, e poi l’abbia raggiunta alla schiena. Le mancate urla prima della chiamata al 118 potrebbero dipendere dal fatto che non si è subito resa conto delle coltellate – il dolore arriva dopo i colpi -, ma va anche detto che la reazione alla paura è soggettiva: c’è chi urla e chi ammutolisce. In ogni caso, non risulta che le sia stata tappata la bocca.
L’interrogatorio dei genitori: su Scientology non sapevano tutto
Intanto, ieri (20 agosto), i genitori della ragazza sono stati reinterrogati dai carabinieri per oltre sette ore. Hanno varcato in auto il cortile della caserma alle 14.30 e se ne sono andati alle 22. Stessa, identica scena delle precedenti convocazioni, quella del compagno di Sharon, Sergio Ruocco, e dei suoi fratelli, Melody e Christopher. Tutti chiamati a tratteggiare la vita dell’estetista, che da circa due anni aveva trovato un lavoro al bar della pasticceria Vanilla di Brembate. «Si trovava bene, era contenta», dice papà Bruno, sentito dopo la moglie Maria Teresa Previtali. Attraverso i titolari del locale, la figlia si era avvicinata a Scientology, una frequentazione di cui non aveva più di tanto aggiornato la famiglia, molto cattolica, e che gli inquirenti non vogliono trascurare, anche se non emergerebbero elementi di particolare rilievo se non discussioni sui costi onerosi da sostenere per seguire i corsi. Ma discussioni ordinarie. Di Sharon, così come del rapporto con Ruocco, genitori e fratelli danno la stessa versione: nessuna ombra su di lei (sono attesi anche gli esami tossicologici, loro assicurano che non assumeva alcol o droghe) e nessun dubbio che l’idraulico c’entri con il delitto. «Sharon non usciva mai così tardi», hanno dichiarato invece rispetto a ciò che la coppia raccontava loro delle camminate serali. Quel maledetto lunedì la ragazza si è avviata a mezzanotte, sola: a loro dire, sarebbe stata la prima volta.
fonte: CORRIERE BERGAMO
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