L’epidemiologo dell’dell’Hinduja National Hospital Lancelot Pinto: “Siamo stati troppo ottimisti e abbiamo abbassato la guardia. A gennaio sembrava che il covid-19 fosse scomparso dalle nostre vite: sono ricominciati i grandi raduni, tutto è stato riaperto. Ciò ha contribuito notevolmente alla diffusione del virus”
di Davide Falcioni
Con 352.991 nuovi casi registrati ieri l’India ha infranto ogni precedente record di contagi giornalieri: il paese, che a febbraio era sembrato i grado di tenere l’epidemia sotto controllo, è oggi l’epicentro mondiale del Covid-19 a causa della circolazione di una nuova variante che si teme possa essere più infettiva e resistente ai vaccini.
Negli ultimi dieci giorni i casi giornalieri sono aumentati costantemente raggiungendo il numero complessivo, dall’inizio dell’emergenza sanitaria, di 17.313.163 di positivi e oltre 195mila morti, con il sospetto più che fondato che nelle zone più povere milioni di persone si siano ammalata e migliaia siano morte in assenza di qualsivoglia diagnosi.
A dimostrare quanto sia drammatica la situazione non sono però solo i numeri: ogni giorno dall’India infatti arrivano centinaia di foto di famiglie in lutto intente a organizzare cremazioni di massa.
Dagli ospedali i medici riferiscono di aver quasi esaurito le scorte di farmaci e molti pazienti muoiono ogni giorno a causa della carenza di ossigeno. “Temo che questo non sia il picco e che lo raggiungeremo non prima di due o tre settimane“, ha dichiarato ieri il dottor Giridhara R. Babu, della Public Health Foundation of India, lasciando intendere come la situazione sia destinata ad aggravarsi ulteriormente almeno fino alla metà di maggio.
Fonte: fanpage.it
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