Il segretario di Stato vaticano, inviato dal Papa nel Paese in guerra, presiede la Messa al santuario mariano di Berdychiv. Raccomanda ai fedeli di “non perdere la fiducia anche se sembra che il male abbia il sopravvento”. Esorta la Chiesa a pregare incessantemente “affinché Dio converta i cuori di coloro che, allontanatisi dalle sue vie e divenuti schiavi del proprio orgoglio, seminano violenza e morte, calpestando negli altri quella dignità di figli”
Antonella Palermo – Città del Vaticano
Il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin fa risuonare il grido di pace del Papa e del popolo ucraino dal santuario della Madonna del Carmine, a Berdychiv, uno dei centri spirituali della comunità cattolica del Paese, caro a coloro che professano il rito latino che concludono le celebrazioni del loro pellegrinaggio. Alla Messa, curatissima con canti suggestivi e allestimenti decorativi dove primeggiano i colori del bianco e dell’azzurro, si ripete il rito di un’accoglienza calorosa e intima per il Legato di Francesco. Qui si leva, per intercessione di Maria, l’invocazione per il dono tanto atteso della pace per chi è provato da quasi due anni e mezzo di guerra. Nulla è impossibile a Dio, ripete il rappresentante vaticano, rassicurando il popolo che il Pontefice è vicino e condivide il dolore degli ucraini a cui si stringe “con il suo abbraccio paterno”.
Nulla è impossibile a Dio
Nell’omelia, pronunciata quasi interamente in lingua locale da monsignor Edward Kawa, ausiliare dell‘arcidiocesi di Lviv dei latini – ad eccezione del saluto iniziale e della preghiera finale alla Madonna del Carmine recitata da Parolin – il ricordo del primo miracolo che ha segnato la storia di questo luogo di culto. Era il 1627, quando Janusz Tyszkiewicz, il governatore delle terre di Kyiv e Zhytomyr, fu imprigionato in una battaglia contro i Tartari. Incatenato, promise di compiere qualche opera buona in onore di Dio e della Vergine se avesse ottenuto la libertà. Mentre stava dormendo, gli apparvero dei frati sconosciuti che pregavano Dio e la Madonna per la sua liberazione. Una volta liberato decise di far edificare un monastero a Berdychiv per i religiosi che aveva visto in sogno e che riconobbe nei carmelitani a Lublino, tre anni dopo. La chiesa fu consacrata nel 1642: sull’altare maggiore fu collocata l’icona della Madonna della Neve, copia di quella conservata nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, conosciuta come Salus Populi Romani. La riproduzione fu donata dallo stesso Tyszkiewicz, che prima la custodiva presso la sua famiglia, e nel 1647 fu dichiarata miracolosa dall’allora vescovo di Kyiv, che era stato guarito dopo aver pregato davanti ad essa.
Dio converta chi semina violenza e calpesta la dignità
Vengono ripercorse le vicende narrate nella prima lettura, dal Primo Libro dei Re, quelle dell’episodio noto come il sacrificio del profeta Elia sul Monte Carmelo. Alla luce di questo racconto, l’invito alla Chiesa ucraina a essere “profetica”. Essa deve, sottolinea il Legato del Pontefice, chiamare a una “preghiera incessante, affinché Dio converta i cuori di coloro che, allontanatisi dalle sue vie e divenuti schiavi del proprio orgoglio, seminano violenza e morte, calpestando negli altri quella dignità di figli di Dio”. Furore e ira, guerre e omicidi, scriveva l’antico autore Marco l’Asceta, accecano l’intelletto dell’uomo. “Davvero dobbiamo chiedere al Signore, Lui che è il medico celeste, di guarirci da queste malattie letali e mettere al posto del cuore di pietra un cuore di carne!”, scandisce ancora il cardinale.
Quando non c’è più forza per pregare, confidare in Dio
“Non perdere mai la fiducia e la speranza in Dio, soprattutto oggi, quando sembra che il male abbia il sopravvento, quando gli orrori della guerra e il dolore per le numerose vittime e le massicce distruzioni mettono in crisi la fede nella bontà divina, quando le nostre braccia cadono e non abbiamo nemmeno più forza per pregare”. Così prosegue l’omelia in cui si invita a guardare al Cristo crocifisso: in quel Venerdì Santo, quando il peccato sembrava aver trionfato, e la missione salvifica di Dio fallita, proprio allora, è esplosa l’alba radiosa della Pasqua. La morte non avrà l’ultima parola, viene sottolineato, anche se si fatica a vedere l’orizzonte della Resurrezione.
La Madonna interceda: un futuro sereno e certo per l’Ucraina
L’ultima parte dell’omelia del porporato è dedicata squisitamente alla Vergine, alla Madre di Dio che ci sta accanto nella fatica delle nostre croci personali, e “ci accompagna dolcemente verso la sua gloriosa resurrezione”. L’invito a contemplare l’icona della Madre di Dio di Berdychiv, rappresentata come Odighítria, cioè colei che conduce. Simbolo di tenerezza e amore, “è annunciatrice dell’alba”, di Gesù, che è la Luce. È consolazione nella tristezza, pronta a offrire un rifugio sicuro. “Al suo Divino Figlio le nostre suppliche per il martoriato popolo ucraino”, è la preghiera con il cardinale Parolin che riprende la parola e chiude con questa invocazione:
FONTE: VATICAN NEWS
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