La pandemia, l’innalzamento dei prezzi, il calo del reddito medio fanno ridurre i consumi. Oltre 100 casi di avvelenamento di bambini nelle scuole: nella cucina si usa olio industriale. La svalutazione del rublo legato all’escalation della crisi nel Donbass. Possibile una “crisi totale dell’economia russa”
di Vladimir Rozanskij
Mosca (AsiaNews) – Il consumo di carne di manzo nel 2020 è sceso del 3,4%, fino a meno di due milioni di tonnellate, il livello minimo degli ultimi 10 anni. Lo rivela il Centro di Analisi Settoriale Rosselkhozbank in un rapporto sui consumi medi della popolazione russa, pubblicato il 6 aprile. Secondo gli esperti, le cause principali della riduzione sono le limitazioni a causa della pandemia, con la chiusura dei ristoranti e il calo del reddito medio.
Il manzo russo ha subito invece un enorme aumento dell’export, di oltre il 103% fino a 20 mila tonnellate, metà delle quali sono state inviate in Cina.
Più volte il presidente Vladimir Putin ha insistito su misure statali per il contenimento dei prezzi. Ma nei negozi e supermercati russi la carne continua ad aumentare di prezzo, e aumentano molti altri generi alimentari. A marzo nelle scuole russe vi sono stati oltre 100 casi di avvelenamento dei bambini. Il motivo: nella preparazione dei pasti si usa olio industriale solidificato (Solidol) invece dell’olio da cucina. Anche se vi sono stati diversi arresti, è difficile controllare la qualità dell’alimentazione scolastica, vista la penuria di generi alimentari a prezzi accessibili.
Ieri il primo ministro Mikhail Mišustin ha stanziato altri 9 miliardi di sussidi per calmierare i prezzi di carne e volatili, uova, benzina e materiali da costruzione; nei mesi scorsi è intervenuto su olio e zucchero. Si tratta dei prodotti più richiesti dalla popolazione, che in molte zone è costretta a razionamenti. Il problema dei prezzi è diventata la questione dominante nell’attività del governo e dell’amministrazione presidenziale. Lo stesso Putin ha rimproverato in diretta TV il ministro dello sviluppo economico, Maksim Rešetnikov, perché “non è accettabile che la gente debba razionare il cibo perché i soldi non bastano neppure per i generi di prima necessità”.
Le amministrazioni centrali e locali sono prese dalla frenesia di trovare soluzioni, con incessanti iniziative di monitoraggio e rapporti, e ripetute direttive di congelamento dei prezzi, che danno risultati al massimo per un paio di giorni. La ricerca delle “piccole vittorie” nella battaglia dei prezzi serve comunque a sostenere la campagna elettorale dei prossimi mesi a livello locale e per il parlamento nazionale.
Nella crisi dei consumi si innesta anche la svalutazione del rublo, legato non solo alle fluttuazioni negative dei mercati, ma anche alle minacce di nuovi conflitti armati in cui la Russia potrebbe essere coinvolta a breve termine. Un brusco calo del valore della moneta nazionale si è verificato ieri 7 aprile, subito dopo le dichiarazioni del ministro della difesa, Sergej Šojgu, che ha annunciato “l’inizio di una verifica totale delle capacità belliche dell’esercito russo”. Pochi minuti dopo, il dollaro è salito da 70 a 77 rubli, e l’euro da 85 a 91.
Il timore di una escalation del confronto russo-ucraino nel Donbass ha terremotato i mercati finanziari russi, che temono anche le ulteriori sanzioni contro il debito sovrano russo. Nel solo mese di marzo gli investitori stranieri hanno ritirato obbligazioni di credito federale per 1,6 miliardi di dollari, una cifra record per gli ultimi anni. Come ha osservato l’analista della Raiffesenbank Stanislav Muratov, “la debolezza del rublo è un riflesso diretto della geopolitica”. Un altro esperto matematico-finanziario della formula di Boole (QBF), Oleg Bogdanov, ha ammonito: “L’acutizzarsi della situazione in Ucraina può condurre alla detonazione delle sanzioni finanziarie americane, che porterebbe alla svalutazione progressiva e inarrestabile del rublo, e alla crisi totale dell’economia russa”.
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