Maggie Smith, vincitrice di due premi Oscar, è morta a 89 anni. Grande attrice di teatro e cinema, ha conquistato l’affetto del grande pubblico interpretando Minerva McGranitt in Harry Potter e la contessa Violet in Downton Abbey
Due amorevoli figli e cinque nipoti hanno annunciato oggi la morte dell’adorata mamma e nonna, dame Margaret Natalie Smith, a 89 anni, l’attrice inglese più famosa, nata a Ilford il 28 dicembre 1934. Aveva iniziato col varietà, poi finì coccolata nelle braccia di Shakespeare, tantissimo teatro, ma è ricordata, amata e da ora rimpianta come la professoressa McGranitt di Harry Potter e come Violet Crawley, matriarca inglese, nelle sei stagioni di «Downton Abbey».
Smith vinse due Oscar: nel ‘70 per La strana voglia di Jean (nel ’32 una professoressa dalle nefaste influenze), nel ‘79 come nevrotica nel classico Neil Simon di California Suite che si svolge nella serata delle statuette dell’Academy. L’attrice si mangia il palco o il set con uno sguardo, un sorso di tè o una battuta tagliente: poteva essere altera, brillante, spiritosa, drammatica (fu grande Desdemona con Laurence Olivier), un concentrato di british way of life, certo con alcune vacanze americane che non intaccarono mai la sua radice vittoriana, l’eleganza dialettica, lo spirito del recitare, davvero un «play», un grande gioco.
Sempre più popolare, poi contessa Crawley (le sue entrate memorabili, il suo anacronismo d’antologia), ha raccolto tre Golden Globe, quattro Emmy, un Tony, cinque Bafta. Rischiò di vincere l’Oscar anche nel film dall’Otello nel ‘65, nel classico In viaggio con la zia di Cukor, da Graham Greene, dove è una zia spregiudicata che porta il nipote in giro per i suoi trascorsi sentimentali per amore di Robert Stephens, che fu davvero, dal ’67 al ‘75, uno dei suoi due mariti, prima di risposarsi con lo scrittore Beverley Cross.
La carriera inizia sgambettando, con tre show quotidiani, nei varietà londinesi, ma nel ‘59 già le aprono le porte dell’Old Vic, Shakespeare la adotta e diventa asso pigliatutto con Anouilh, Ionesco, Ibsen, Strindberg, Cecov, Albee, Bennett, Coward, cioè tutto l’arco costituzionale della drammaturgia, fino a un recital su Virginia Woolf. Il cinema la rende per tutti la zia di cui attendiamo con ansia le visite: fu dama di compagnia in Camera con vista di Ivory, da Forster; contessa in Gosford Park di Altman ma scritto da Julian Fellowes (autore di «Downton Abbey»), divertimenti gialli come Invito a cena con delitto con Capote o Assassinio sul Nilo di Agatha Christie in cui se la vede con Bette Davis.
Ma la varietà di proposte comprende anche la centenaria Wendy di Hook – Capitan Uncino di Spielberg; ritrova il musical vestita madre superiora in due film di Sister Act, prima di essere madre di Riccardo III, indi zia zitella in Washington Square da Henry James (molti e qualificati i suoi «amici» letterari) e infine lady Hester in Un tè con Mussolini, una delle dame inglesi che si prendono cura del giovane Zeffirelli nel suo film migliore.
Sette partecipazioni ai titoli del maghetto della Rowling, come severa, buona professoressa (saltò una puntata per un tumore al seno), mentre dal 2011 entra, fra tappeti, champagne, boiserie in casa Crowley, «Downton Abbey». Vince due Emmy, è nel cast dei due film ispirati alla cronistoria dell’altolocata famiglia di modi e pensieri all british.
Cicli e ricicli: torna con Ivory in Quartet, ritrova il musical in The Lady in the Van in cui, per una volta, è un’anziana senzatetto che denuncia ipocrisie dell’upper class: più volte, volente o nolente, i suoi personaggi sono stati sfiorati dalla politica. L’ultimo exploit di questa lady con raffinato senso dell’ironia, capace di sorrisi e malinconie, fu nel 2019 (dopo 12 anni di assenza dalle scene) la strepitosa performance in A German Life, impressionante monologo della segretaria di Goebbels Brunhilde Pomsel, ruolo che in Italia sostenne Franca Nuti.
fonte: CORRIERE DELLA SERA
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