Il cervello delle persone con obesità è meno sensibile alla sensazione di sazietà dopo l’assunzione di cibo, e resta così anche quando si perde peso.
Autore: Elisabetta Intini
Se quando mangiamo riusciamo a un certo punto a fermarci, anche davanti a un piatto delizioso, è grazie alla capacità del cervello di avvertire la presenza di nutrienti nello stomaco e usare questa informazione per regolare l’appetito.
Nelle persone con obesità questo meccanismo sembrerebbe alterato: l’assunzione di zuccheri e grassi sembra provocare una risposta diminuita nel cervello dei pazienti con importanti problemi di peso, e questo spiegherebbe perché è così difficile controllare la fame. Oltretutto, secondo la ricerca pubblicata su Nature Metabolism, questi cambiamenti sarebbero irreversibili.
Quale reazione? Il gruppo di scienziati guidato da Mireille Serlie, endocrinologa dell’Università di Yale, era interessato a capire in che modo grassi e zuccheri sollecitino le aree del cervello coinvolte nei vari aspetti piacevoli legati all’assunzione di cibo (il senso di sazietà, di benessere e di ricompensa che proviamo mangiando qualcosa che ci piace), senza lasciarsi confondere dall’influenza che il gusto e l’olfatto possono esercitare su questa relazione.
I ricercatori hanno perciò infuso glucosio e grassi direttamente nello stomaco di 28 volontari normopeso (con un indice di massa corporea uguale o inferiore a 25) e di 30 persone con obesità (indice di massa corporea uguale o maggiore di 30). Hanno poi valutato l’attività cerebrale di ciascuno usando la risonanza magnetica funzionale (fMRI).
Si sono concentrati in particolare sullo striato, una regione cerebrale che regola il desiderio di cercare e consumare i cibi a cui siamo interessati e che ha anche un ruolo nella formazione delle abitudini: lo striato svolge queste funzioni anche attraverso il neurotrasmettitore dopamina, i cui livelli nel cervello sono stati misurati dai ricercatori 30 minuti dopo le infusioni.
Ingresso di cibo: registrato! La dopamina è coinvolta nella costruzione della sensazione di ricompensa che traiamo dal consumo di cibo e nei processi che ci aiutano a sentirci sazi quando abbiamo mangiato abbastanza.
Nei partecipanti normopeso, dopo le infusioni di zuccheri e grassi i livelli di dopamina sono saliti, e l’attività dello striato è diminuita: dunque i circuiti della ricompensa si erano attivati (aumento dopamina) ma allo stesso tempo non c’era più bisogno di cercare altro cibo (senso di sazietà: da qui la riduzione di attività dello striato).
Quale cibo? Nei volontari con obesità, invece, l’attività dello striato non è parsa modificata dopo le infusioni. L’assunzione di grassi non ha fatto aumentare in modo importante il rilascio di dopamina, che è sì stata osservata dopo l’assunzione di zuccheri, ma che non è riuscita a spegnere l’attività dello striato, come se il senso di sazietà non venisse registrato.
Pregiudizi inutili (e insensati). Per i ricercatori, queste modifiche contribuirebbero al consumo eccessivo di cibo e quindi all’aumento di peso: «Le persone pensano che l’obesità sia causata da una mancanza di forza di volontà», spiega Serlie, «ma qui dimostriamo che esiste una differenza reale nel cervello quando si tratta di percepire i nutrienti».
In una seconda fase dello studio, i partecipanti con obesità hanno affrontato una dieta dimagrante di 12 settimane. Nei 26 che hanno perso almeno il 10% del loro peso sono state ripetute le infusioni, ma anche dopo questo dimagrimento la risposta del cervello ai nutrienti non è parsa migliorata. Questo potrebbe spiegare perché le persone con obesità fatichino a mantenere il peso conquistato anche dopo essersi sottoposte a diete impegnative.
Quand’è che cambia tutto? Ora si tratterà di capire quando di preciso, o dopo quale “punto di non ritorno”, il cervello perda questa preziosa capacità di regolazione, in modo da ragionare su interventi che possano prevenire la perdità di sensibilità e arginare per tempo il consumo di cibo in eccesso.
Fonte: Focus
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