L’emorragia dopo il risveglio: «Papa Francesco era sempre più affaticato, a scatenare l’ictus possono essere stati due fattori»

La neurologa: «La polmonite non c’entra. L’ipotesi è che si sia trattato di un ictus emorragico»

di Margherita De Bac

La comparsa improvvisa di un deficit neurologico ha sorpreso papa Bergoglio a Casa Santa Marta. Nell’atto di constatazione della morte – — firmato dal responsabile della direzione di Sanità e Igiene del Vaticano, Andrea Arcangeli — si legge che la causa del decesso è da ricondurre a «ictus cerebri, coma e collasso cardiocircolatorio irreversibile».

E si ricorda che papa Francesco era «affetto da pregresso episodio di insufficienza respiratoria acuta in polmonite bilaterale multimicrobica; bronchiectasie multiple; ipertensione arteriosa; diabete tipo II».

Ieri Francesco si era svegliato alle 6, poi alle 7 è comparso un malessere. Si è subito pensato a un ictus cerebrale. «È un danno al cervello persistente, dovuto a problemi vascolari» spiega Francesca Romana Pezzella, neurologo della Stroke Unit dell’ospedale San Camillo di Roma, segretario dell’Associazione italiana ictus, e chair del piano europeo per ictus cerebrale. L’ictus può essere causato dalla chiusura (ictus ischemico) o dalla rottura (emorragico) di un’arteria cerebrale. «Nel caso del Papa — osserva Pezzella — l’ipotesi è che si sia trattato di ictus emorragico (o emorragia cerebrale), che nella prima ora è accompagnato da un elevato rischio di morte. Il tessuto cerebrale subisce un danno e bisogna intervenire subito: più l’intervento è rapido più aumentano le possibilità di ripresa».

Ci possono essere dei sintomi che preannunciano l’ictus: difficoltà della parola e di movimento, debolezza degli arti. «Una parte del corpo — spiega ancora Pezzella — è bloccata, gli arti immobilizzati, può essere presente paresi facciale. È impossibile distinguere l’ictus ischemico da quello emorragico in assenza di una Tac cerebrale». Un fattore decisivo è l’età: «L’incidenza raddoppia per ogni decade di età dopo i 55 anni. È più frequente nel sesso maschile fino ai 60-70 anni, poi l’incidenza è maggiore nelle donne. È molto importante la storia personale. Se ci sono precedenti in famiglia, il rischio cresce del 30%».

Secondo Pezzella, la polmonite e le crisi respiratorie che avevano portato al ricovero al Gemelli non c’entrano con quanto successo: «Quello che sappiamo e che è stato possibile osservare durante le sue uscite negli ultimi giorni, è che il Pontefice era molto sofferente e affaticato. L’ictus non ha niente a che vedere con i problemi respiratori. Si può ipotizzare che sia stato provocato da un picco di ipertensione», patologia di cui Bergoglio soffriva, come certificato anche nella constatazione di morte. Proprio l’ipertensione «è la prima causa di ictus, seguito da età, diabete, fibrillazione atriale, immobilità».

L’ictus è una patologia «tempo dipendente» per questo, se si sospetta di avere un attacco «non bisogna curarsi da soli e va chiamato subito il 112. I risultati positivi che possiamo ottenere grazie alle terapie disponibili sono strettamente legati alla precocità con cui si interviene. Conta ogni secondo, quindi è sbagliato farsi accompagnare in ospedale da parenti o amici perché la cura comincia già durante il trasporto con i mezzi di soccorso attrezzati. Le possibilità di cura sono inversamente proporzionali al tempo di arrivo al centro stroke più vicino».

 

fonte: Corriere.it

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