L’Egitto propone il rilascio di 33 ostaggi, “i soli ancora vivi”

TIMOTHY A. CLARY / AFP - Persone partecipano alla manifestazione "Bring Them Home Now", che chiede il rilascio degli ostaggi israeliani rapiti da Hamas il 7 ottobre 2023, fuori dalla Columbia University il 26 aprile 2024, a New York

AGI – “Non ci sono attualmente colloqui sugli ostaggi tra Israele e Hamas, ne’ c’è una nuova offerta israeliana a riguardo”, “c’è un tentativo da parte dell’Egitto di riavviare i colloqui con una proposta egiziana che comporterebbe il rilascio di 33 ostaggi: donne, anziani e malati”. Lo dice una fonte egiziana secondo quanto riporta il Jerusalem Post. Il giornale israeliano, citando un funzionario informato sugli incontri, riferisce che una delegazione egiziana ha incontrato funzionari israeliani, alla ricerca di un modo per riavviare i colloqui per porre fine alla guerra a Gaza e restituire i restanti ostaggi israeliani. Il funzionario, che ha parlato a condizione di anonimato, ha detto che Israele non ha nuove proposte da fare, anche se è disposto a prendere in considerazione una tregua limitata in cui verrebbero rilasciati 33 ostaggi, invece dei 40 precedentemente discussi.

Funzionari dell’intelligence israeliana ritengono che ci siano 33 donne, anziani e malati in ostaggio rimasti vivi a Gaza, su un totale di 133 ancora detenuti da Hamas e altri gruppi terroristici palestinesi dall’attacco del 7 ottobre scorso. Non è stata presa alcuna decisione sulla durata della tregua, ma se un tale scambio fosse concordato , la pausa nei combattimenti sarebbe “sicuramente inferiore a sei settimane”, ha detto il funzionario. La visita della delegazione egiziana ha fatto seguito alle notizie dei media israeliani di una visita al Cairo giovedì del capo dell’esercito israeliano, il tenente generale Herzi Halevi, e di Ronen Bar, il capo dello Shin Bet, il servizio di intelligence interno israeliano. L’Egitto, preoccupato per un potenziale afflusso di profughi palestinesi dalla vicina Gaza se la guerra dovesse continuare con l’offensiva israeliana a lungo promessa nella città meridionale di Rafah, ha assunto un ruolo sempre più attivo nei negoziati.

 

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