“Israele ha calcolato la distruzione fisica dei palestinesi”. Per Amnesty a Gaza “è un genocidio”

L’ultimo rapporto dice che “ci sufficienti elementi per definirlo tale”: Israele è responsabile di “una distruzione senza precedenti, mai riscontrata per livello e rapidità in alcun conflitto del XXI secolo”

Autore: Alessandra Fabbretti

ROMA – ‘Ti senti come se fossi un subumano: il genocidio di Israele contro la popolazione palestinese a Gaza’ è il titolo scelto da Amnesty International per il suo ultimo rapporto, in cui, sulla base delle ricerche effettuate, ha trovato “sufficienti elementi” per affermare che “Israele ha commesso e sta continuando a commettere genocidio nei confronti della popolazione palestinese nella Striscia di Gaza occupata”.

L’organizzazione ha preso in esame l’offensiva sferrata da Israele a partire dal 7 ottobre 2023, subito dopo gli attacchi subiti dall’ala militare del gruppo palestinese Hamas, in cui morirono circa 1.200 persone e altre 240 vennero catturate e portate come ostaggi a Gaza. Amnesty afferma di aver “esaminato attentamente e nella loro totalità gli atti di Israele” a Gaza in termini sia di “danni inflitti alla popolazione” che di “dichiarazioni delle autorità israeliane”, concludendo che “atti vietati” dal diritto internazionale e dalla Convenzione sul Genocidio “sono stati spesso annunciati o invocati da alti ufficiali responsabili dello sforzo bellico”.

In oltre 400 giorni di operazione militare, le autorità di Tel Aviv secondo Amnesty “hanno scatenato inferno e distruzione contro la popolazione palestinese di Gaza senza freni, in modo continuativo e nella totale impunità”.

“Il rapporto di Amnesty International mostra che Israele ha compiuto atti proibiti dalla Convenzione sul genocidio, con l’intento specifico di distruggere la popolazione palestinese di Gaza. Questi atti comprendono uccisioni, gravi danni fisici e mentali e la deliberata inflizione di condizioni di vita calcolate per causare la loro distruzione fisica. Mese dopo mese, Israele ha trattato la popolazione palestinese di Gaza come un gruppo subumano non meritevole di diritti umani e dignità, dimostrando il suo intento di distruggerli fisicamente”, ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International, che inoltre avverte: “Gli stati che attualmente continuano a trasferire armi a Israele devono sapere che stanno violando il loro obbligo di prevenire il genocidio e rischiano di diventarne complici”.

Nel suo report, Amnesty International prende in esame nove mesi di conflitto, e conclude che dal 7 ottobre 2023 al 30 giugno 2024 “Israele ha imposto un assedio totale tagliando elettricità, acqua e carburante” e, parallelamente, “non ha facilitato un significativo accesso umanitario e ha ostruito l’importazione e la fornitura di prodotti necessari e aiuti umanitari” in particolare “nelle aree a nord del corso del Wadi Gaza”. Alla data del 7 ottobre 2024, “l’esercito israeliano aveva ucciso oltre 42mila palestinesi, tra i quali oltre 13.300 bambini e bambine, e ne aveva feriti oltre 97mila, in molti casi a seguito di attacchi diretti o intenzionalmente indiscriminati che spesso hanno spazzato via intere generazioni familiari”.

Inoltre, Amnesty sostiene che siano stati inflitti “danni alle abitazioni, agli ospedali, alle strutture idriche e igienico-sanitarie e ai terreni agricoli”. Amnesty rileva che “intere città sono state rase al suolo, e distrutte infrastrutture fondamentali, insieme a terreni agricoli, siti culturali e religiosi” provocando “livelli catastrofici di fame” e consentendo “la diffusione di malattie a velocità allarmante”, mettendo in pericolo soprattutto “bambini piccoli, donne in gravidanza o che allattavano”. Dopodiché Amnesty mette in luce che “attraverso i suoi ripetuti ordini di ‘evacuazione’, Israele ha sfollato quasi 1.900.000 palestinesi – il 90% della popolazione della Striscia di Gaza – verso zone sempre più ristrette e insicure e in condizioni disumane, in alcuni casi anche per dieci volte” causando la perdita di lavoro e quindi fonti di sostentamento per le famiglie, di cui “il 70% costituito da rifugiati o da discendenti dei rifugiati le cui case e i cui villaggi subirono la pulizia etnica da parte di Israele durante la ‘nakba’ del 1948”.

“Nonostante a Gaza le condizioni siano rapidamente diventate inadeguate alla vita umana”, con “intere aree rese inabitabili”, Amnesty International nel suo report osserva che “le autorità israeliane hanno rifiutato, dimostrando così che le loro azioni erano deliberate, di prendere in considerazione misure a protezione dei civili sfollati”. Ciò dimostrerebbe “inflizione di condizioni di vita calcolate per causare la distruzione fisica”.

Ad esempio, “hanno impedito alle persone sfollate di rientrare nelle loro abitazioni nel nord della Striscia di Gaza o di spostarsi temporaneamente in altre zone del Territorio palestinese occupato o in Israele, continuando a negare a molte persone palestinesi il diritto al ritorno, basato sul diritto internazionale, nelle aree dalle quali erano stati espulsi nel 1948. Lo hanno fatto sapendo che non c’era alcun luogo sicuro in cui la popolazione palestinese della Striscia di Gaza avrebbe potuto dirigersi”.

L’organismo sostiene che “più volte Israele ha avuto la possibilità di migliorare la situazione umanitaria nella Striscia di Gaza, ma per oltre un anno ha ripetutamente rifiutato di prendere provvedimenti”.
I ricercatori di Amnesty hanno inoltre indagato “15 attacchi aerei portati a termine dal 7 ottobre 2023 al 20 aprile 2024, che hanno ucciso 334 civili, tra i quali 141 bambini e bambine, e ferito centinaia di altri. Amnesty International non ha trovato prove che in alcun caso questi attacchi fossero diretti contro obiettivi militari”. Cita quindi il raid del 20 aprile scorso, che “ha distrutto l’abitazione della famiglia Abdelal ad al-Jneinah, a Rafah, uccidendo tre generazioni di palestinesi, compresi 16 bambini, mentre stavano dormendo. Anche se rappresentano appena una frazione del totale- osserva l’organismo- questi 15 attacchi aerei di Israele sono indicativi di un modello più ampio di ripetuti attacchi diretti contro civili e obiettivi civili o di attacchi deliberatamente indiscriminati. Gli attacchi sono stati inoltre condotti in modo tale da causare un numero molto elevato di morti e feriti tra la popolazione civile”.

Nel rapporto, si evidenzia che “molti degli atti illegali documentati da Amnesty International” nella Striscia di Gaza “sono stati preceduti da dichiarazioni di funzionari israeliani che ne sollecitavano la commissione.
L’organizzazione per i diritti umani ha esaminato 102 dichiarazioni di funzionari governativi e militari israeliani, emesse tra il 7 ottobre 2023 e il 30 giugno 2024, che deumanizzavano la popolazione palestinese o chiedevano o giustificavano atti di genocidio o altri crimini nei suoi confronti”.
Di queste 102 dichiarazioni, Amnesty International “ne ha identificate 22 fatte da alti funzionari incaricati della direzione dell’offensiva militare, che paiono aver chiesto o giustificato atti di genocidio, fornendo in questo modo prove dirette dell’intento genocida. Questo linguaggio è stato frequentemente replicato anche da soldati sul terreno, come evidenziato da contenuti audiovisivi verificati da Amnesty International in cui soldati israeliani chiedono di ‘radere al suolo’ la Striscia di Gaza o di renderla inabitabile e celebrano la distruzione di case, moschee, scuole e università palestinesi”.

Alla luce di ciò, Amnesty ritiene le autorità di Tel Aviv responsabili di “una distruzione senza precedenti, che gli esperti affermano di non aver mai riscontrato per livello e rapidità in alcun conflitto del XXI secolo”.

fonte: Agenzia DIRE www.dire.it

 

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