Una vita spezzata a 40 Anni: Sentenza storica condanna l’Asl per diagnosi errata
FIRENZE – Perdere la vita a soli 40 anni a causa di una diagnosi sbagliata. Questo il tragico destino di una donna di Empoli, il cui caso si è concluso nei giorni scorsi con una sentenza che ha fatto scalpore. Il Tribunale civile di Firenze ha condannato l’Asl Toscana Centro a risarcire i familiari della donna con una cifra di circa 950 mila euro, più gli interessi, per l’errore medico che ha condotto alla sua morte.
Il dramma risale al 2014, quando la donna si era recata in un ambulatorio specialistico dell’Asl a Fucecchio per un controllo su un piccolo nodulo al seno. Il medico, seguendo il protocollo, aveva effettuato un agoaspirato, inviando il campione di tessuto al laboratorio per le analisi. Qui, però, è avvenuto l’errore fatale: il laboratorio ha interpretato in modo errato il campione, classificando il nodulo come benigno. In realtà, si trattava di un tumore maligno, e la diagnosi corretta avrebbe richiesto ulteriori esami e interventi tempestivi.
Convinta che il nodulo fosse innocuo, la donna è stata dimessa senza ulteriori indagini o trattamenti. Tuttavia, la realtà era ben diversa. Nel giro di 15 mesi, la situazione è drasticamente peggiorata: il tumore, lasciato crescere indisturbato, si è diffuso con metastasi. Solo a quel punto, quando ormai era troppo tardi, i medici hanno scoperto la vera natura della malattia.
Consapevole che qualcosa era andato storto, la donna ha avviato una causa contro l’ambulatorio dell’Asl, chiedendo giustizia per l’errore che le stava costando la vita. Ma il destino le ha negato anche la possibilità di vedere la conclusione della sua battaglia: la donna è morta durante il processo, lasciando il marito e le due figlie minorenni a proseguire la lotta legale.
Il processo ha rivelato la catena di errori che ha portato alla tragedia. Il perito incaricato dal giudice ha chiarito come l’errata diagnosi iniziale abbia indotto in errore anche il medico curante, che non ha prescritto alcun trattamento chirurgico o farmacologico, convinto che non fosse necessario. L’errore del laboratorio ha così ridotto le probabilità di sopravvivenza della donna di oltre il 70%, un dato che ha avuto un peso determinante nella sentenza.
Il giudice Barbara Fabbrini del Tribunale di Firenze ha emesso una sentenza che viene già definita storica. «L’errore medico, a seguito di una diagnosi citologica sbagliata, ha comportato una riduzione della probabilità di sopravvivenza della signora di oltre il 70%, ed ha perciò inciso in maniera ragguardevole sul bene vita, ponendosi in diretta correlazione causale con la morte», ha affermato il giudice nella sentenza.
Secondo l’avvocato Valerio Minucci, che ha rappresentato i familiari della paziente, questa decisione rappresenta un importante precedente: «Fino a ora, le sentenze di questo tipo avevano stabilito un nesso causale tra l’errore che porta a una diagnosi tardiva e il danno nella qualità della vita del paziente. Ma in questo caso è emerso chiaramente che se la mia assistita fosse stata curata sin dall’inizio per il tumore maligno, che era ancora agli stadi iniziali, sarebbe quasi certamente sopravvissuta».
Questa sentenza non solo riconosce il grave errore commesso, ma stabilisce un principio fondamentale: la responsabilità del sistema sanitario nel garantire diagnosi accurate e tempestive, senza le quali la vita dei pazienti può essere irrimediabilmente compromessa.
Il risarcimento di circa un milione di euro, sebbene significativo, non potrà mai restituire ai familiari la moglie, la madre, la figlia che hanno perso. Tuttavia, rappresenta un atto di giustizia per una vita spezzata troppo presto, e un monito per il futuro, affinché errori simili non si ripetano mai più.
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