Ignaro dei rischi, si occupava della manutenzione e riparazione di impianti di comunicazione navale, manipolava rifiuti, compresi quelli contenenti amianto, senza che venisse dotato di adeguati dispositivi di protezione individuale
di Redazione
ROMA – Il Tribunale di Roma ha condannato il Ministero della Difesa per la morte di Aldo Martina, avvenuta nel maggio del 2019 a causa di mesotelioma pleurico legato all’esposizione all’amianto, e dovrà ora destinare una speciale elargizione di 200mila euro agli eredi, la moglie Anna, e i figli Emiliano e Sarah, mentre il Ministero dell’Interno è stato condannato al riconoscimento di “vittima del dovere”. Così in un comunicato stampa l’Osservatorio Amianto.
Martina era originario di Muggia e dagli anni 70 viveva a Fonte Nuova (Roma). Era venuto a contatto con la fibra killer durante il servizio militare svolto quando aveva soli 20 anni presso l’Arsenale Militare Marittimo della Spezia, e successivamente presso il COMOS (Comando gruppo Motosiluranti) di Brindisi. In qualità di “Sottocapo Radiotelegrafista”, l’uomo era stato costantemente a contatto con polveri e fibre di amianto, utilizzando accessori come parannanze, coperte, guanti e pezze, in un ambiente di lavoro privo di qualsiasi misura di sicurezza. Ignaro dei rischi, si occupava della manutenzione e riparazione di impianti di comunicazione navale, manipolava rifiuti, compresi quelli contenenti amianto, senza che venisse dotato di adeguati dispositivi di protezione individuale. A confermarlo, la perizia del CTU, secondo la quale il Sig. Aldo era costantemente esposto all’inalazione di fibre di amianto aerodisperse nell’ambiente di lavoro provenienti da apparecchiature di sala macchine, tubolature, cavi e trattamenti coibentanti delle imbarcazioni. Tutte sostanze che si liberavano in ambienti ristretti. Anche le vernici usate a bordo contenevano asbesto, contribuendo ulteriormente alla sua esposizione.
Nel 2018, i primi problemi respiratori e, nell’agosto dello stesso anno, la diagnosi di mesotelioma, muore nove mesi dopo, vittima di una malattia causata da un ambiente di lavoro pericoloso. Nonostante l’evidenza, il Ministero della Difesa aveva rigettato la domanda risarcitoria, ritenendo che il mesotelioma fosse legato a una esposizione successiva al congedo e la famiglia ha ottenuto giustizia solo grazie all’azione legale dell’Avv. Ezio Bonanni, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA), che ha ricostruito la vicenda.
LA STRAGE INVISIBILE
“Il rapporto INAIL ReNaM (registro nazionale mesoteliomi) del 2018- prosegue la nota- ha confermato che il minerale era presente delle navi, negli arsenali e in tutti gli ambienti della Marina Militare e il suo impiego, che risale agli anni ’60, è stato ampiamente documentato. Dal 1993 sono stati registrati più di 2000 casi di mesotelioma tra i lavoratori del settore trasporto marittimo, dei cantieri navali e della Difesa militare“.
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