L’episodio raccontato dal governatore della Puglia quando era primo cittadino. Crippa (Lega): «Ora non c’è dubbio: si sciolga il Comune di Bari»
Le parole del governatore Michele Emiliano scatenano la bufera politica. Il magistrato in aspettativa (da vent’anni) ha riferito di aver preso Antonio Decaro per portarlo «casa della sorella di Antonio Capriati, che era il boss di quel quartiere, e andai a dirle che questo ingegnere è assessore mio e deve lavorare perché c’è il pericolo che qui i bambini possano essere investiti dalle macchine. Quindi, se ha bisogno di bere, se ha bisogno di assistenza, te lo affido». E subito è partita una reazione da parte dei partiti dell’area governativa. «Il Viminale – attacca il vicesegretario federale della Lega Andrea Crippa – proceda quanto prima con lo scioglimento del comune di Bari. Dopo l’autodenuncia di Emiliano è impossibile e intollerabile continuare ad avere in carica un presidente di Regione e un sindaco del capoluogo che si affidano alla sorella di un boss per portare avanti l’attività sul territorio».
Decaro si smarca: «Michele non ricorda bene»
«Per quanto attiene a quell’episodio – ha risposto Decaro – in particolare, di quasi venti anni fa, Emiliano non ricorda bene. È certamente vero che lui mi diede tutto il suo sostegno, davanti alle proteste di buona parte del quartiere, quando iniziammo a chiudere Bari Vecchia alle auto, ma non sono mai andato in nessuna casa di nessuna sorella» . «La signora in questione invece – conclude – come raccontarono le cronache dell’epoca, la incontrai per strada, molto tempo dopo la chiusura al traffico, e ci litigai perché non si rassegnava all’installazione delle fioriere che impedivano il transito delle auto».
D’Attis (Fi): «Le parole di Emiliano all’attenzione dell’Antimafia»
«Le dichiarazioni rese pubblicamente dal presidente Emiliano – comunica il vice presidente della commissione Antimafia, Mauro D’Attis – sono degne di un approfondimento della commissione antimafia. Sul caso di Barioltre che acquisiti tutti gli atti, va programmata anche una serie di audizioni. Tra queste quella di Antonio Di Matteo, ex presidente dell’Amtab, la municipalizzata di Bari che oggi su un quotidiano locale parla di concorsi
truccati, denunce e, soprattutto omertà: parole che disegnano un
quadro gravissimo, patologico, che merita un attento approfondimento in tutte le sedi». «Il giustificazionismo postumo del governatore Emiliano, all’indomani delle sue esternazioni pubbliche in piazza a Bari, è comico e inaccettabile. Se si fosse così comportato un presidente di Regione di centrodestra – dichiara Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera – le sinistre avrebbero gridato allo scandalo, alle dimissioni, chiedendo di perquisirgli anche casa e ufficio. Conte e Schlein hanno sentito e non hanno nulla da aggiungere? Oppure concordano con Emiliano che con i parenti dei boss si può anche dialogare quando serve a qualche amico?». «Le parole di Michele Emiliano – aggiunge la dirigente di Italia Viva Teresa Bellanova – sono gravissime: evidenziano un metodo, il metodo Emiliano, che noi conosciamo bene. Un modello di Puglia e Mezzogiorno che non sarà mai il nostro e che abbiamo combattuto e combattiamo. Sono fiera di essere parte dell’unico partito di centrosinistra – e ribadisco, l’unico – all’opposizione del Governatore Emiliano ma anche dell’uomo Emiliano e dei suoi metodi».
Calderoli: «Con la mafia non si tratta»
«La risposta per me è una sola, con la mafia non si tratta», lo afferma il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, Roberto Calderoli, sul caso
delle parole dette dal presidente Emiliano. «Finora non ho voluto occuparmi delle vicende della Città metropolitana di Bari, e neanche commentarle, perché le sta seguendo in maniera impeccabile il ministro deputato a farlo, Matteo Piantedosi. Lo faccio oggi – sostiene Calderoli – perché ieri durante la
manifestazione a sostegno del sindaco, Decaro, si è allargato il perimetro anche in un ambito regionale. Per anni abbiamo vissuto la vicenda della trattativa Stato-mafia e i relativi lunghissimi processi e oggi mi domando:
cosa cambia in questo caso? Direi nulla, sono cambiati scenari e protagonisti, ma al posto dello Stato ci sono comunque soggetti costitutivi della Repubblica come il Comune e la città metropolitana di Bari, al posto della mafia siciliana c’è quella pugliese, mancano le stragi ma abbiamo le dichiarazioni di un ex sindaco che oggi è il Governatore di quella Regione. Io mi sarei aspettato – spiega ancora il ministro – che l’allora assessore Decaro, oggetto di minacce e intimidazioni, con una pistola puntata alla schiena stando a Emiliano, si rivolgesse immediatamente alle autorità proposte, per cui o alla magistratura o alla Polizia Giudiziaria. La risposta per me – conclude Calderoli – è una sola, con la mafia non si tratta».
Gasparri: ma come si fa a dire “ti affido l’assessore”?
«Noi siamo garantisti. E quando un boss minaccia un politico – fa notare il presidente dei senatori di Forza Italia Maurizio Gasparri – riteniamo che ci si debba rivolgere alla Procura della Repubblica competente. Invece Emiliano ha raccontato, davanti a tutti, che se durante il suo percorso di amministratore incrociava le minacce dei boss andava a casa della famiglia del boss per affidargli l’assessore, ha usato lui la parola “affido”, che era al tempo Decaro. Un racconto sconcertante. Inquietante. Un ex magistrato, già sindaco ed ora presidente della Regione di fronte alle minacce non trova di meglio che andare nella casa del boss per dire ai parenti “ti affido l’assessore”. È questo il senso della legalità di Emiliano e di Decaro? Negoziare con chi minaccia? In questi casi si fa una bella denuncia. Ma evidentemente le regole di Emiliano e di Decaro sono altre. Questo racconto è veramente allucinante e penso che ci sia lavoro per la Commissione antimafia, nonché la conferma degli intrecci di cui si parla in questi giorni.
fonte: CORRIERE DEL MEZZOGIORNO
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