Nella Messa della Notte di Natale, il patriarca latino di Gerusalemme parla del dramma della guerra che sta devastando la Terra Santa, e colpisce sia palestinesi che israeliani. Ma guarda in particolare alla tragedia degli abitanti di Gaza e dei palestinesi: sembra che non ci sia posto per loro nella propria terra. Riparta da qui, la sua preghiera, “il cammino del Vangelo della pace per tutto il mondo”. Presente al rito l’inviato del Papa, il cardinale Krajewski
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Un Natale vissuto nel dolore a Betlemme, senza pellegrini, senza luci, senza addobbi, senza il tradizionale albero di Natale nella piazza della Mangiatoia, sostituito da un presepe fatto di macerie e personaggi grigi che ricorda la guerra che sta mietendo migliaia di vittime. Il patriarca latino di Gerusalemme, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, celebra la tradizionale Messa della Notte di Natale nella Chiesa di Santa Caterina presso la Basilica della Natività. Troppo piccola la cappellina della Grotta, dove si ricorda la nascita di Gesù. Non c’è posto per tanti fedeli, circa 1500, in grandissima parte cristiani di Palestina.
Non c’è posto per i palestinesi nella loro stessa terra
Il patriarca, nella sua omelia, parte proprio da questo pensiero: come non c’era posto a Betlemme per Maria e Giuseppe, oggi sembra che non ci sia posto per il Natale, per la gioia e per la pace, perché il dolore qui ha colpito tutti, sia palestinesi che israeliani. Non c’è posto – prosegue – per gli abitanti di Gaza che hanno perso la loro casa e non c’è posto nella sua stessa terra per il popolo palestinese, che attende da decenni che la comunità internazionale trovi soluzioni per porre fine all’occupazione, mentre ognuno sembra chiuso nel suo dolore, nell’odio e nel rancore.
Tornare a Dio, per ritrovare la gioia vera del Natale
Il cardinale Pizzaballa si chiede allora “dove può nascere il Bambino, quando in questo nostro mondo sembra che non ci sia posto per Lui?”. Qual è, oggi, “il luogo del Natale?”. Ce lo dicono gli Angeli: “Dio trova sempre un posto per il Suo Natale”, anche “in queste drammatiche circostanze, noi lo crediamo: Dio può fare posto anche nel più duro dei cuori”. Primo luogo del Natale, per il patriarca, è Dio, che nella sua santa volontà ha deciso la salvezza dell’uomo, generando e donandoci, “anche in questo tempo” il Figlio. E quindi, nelle attuali circostanze, “la Chiesa tutta, deve tornare a Dio, al Suo amore, se vuole ritrovare la gioia vera del Natale, se vuole incontrare il Salvatore”. Perché, “prima e oltre ogni spiegazione sociale e politica, la violenza e la sopraffazione dell’altro trovano la loro ultima radice nell’aver dimenticato Dio, contraffatto il Suo Volto, usato in modo strumentale e falso il rapporto religioso con Lui, come in questa nostra Terra Santa avviene troppo spesso”. Non può chiamare Dio “Padre” chi non sa chiamare “fratello” il suo simile. Se non ritroviamo Dio nella nostra vita, chiarisce Pizzaballa, “inevitabilmente smarriremo la strada del Natale e ci ritroveremo soli a vagare nella notte senza méta, in preda ai nostri istinti violenti ed egoisti”.
Creare una mentalità del “sì” al dialogo e alla pace
Anche il “sì” di Maria e di Giuseppe, prosegue, è però “il luogo del Natale”. E dovunque “un uomo e una donna dicono ‘sì’ a Dio”, dovunque “qualcuno è disponibile a mettere la propria vita a servizio della Pace che viene dall’Alto e non soltanto a badare ai propri interessi”. Per questo, se vogliamo “che sia Natale, anche in tempo di guerra, occorre che tutti moltiplichiamo i gesti di fraternità, di pace, di accoglienza, di perdono, di riconciliazione”. Dobbiamo impegnarci, “a partire da me e da chi, come me, ha responsabilità di guida e di orientamento sociale, politico e religioso – scandisce il patriarca latino di Gerusalemme – a creare una ‘mentalità del sì’ contro la ‘strategia del no’”. E “dire sì al bene, sì alla pace, sì al dialogo, sì all’altro non deve essere solo retorica ma impegno responsabile”, perché “non ci sarà giustizia, non verrà la pace senza lo spazio aperto dal nostro ‘sì’ disponibile e generoso”.
La Chiesa sia qui e nel mondo spazio di riconciliazione
Non sarebbe Natale, prosegue Pizzaballa, “senza i Pastori”, gente sveglia, capaci di azione, disponibili al nuovo e perciò “pronti al Natale”, e ricorda alla sua amata Diocesi, ai seminaristi, ai religiosi e alle religiose, ai laici e alle laiche impegnate, a tutte le comunità parrocchiali con i loro gruppi e le loro associazioni, “che noi siamo eredi di quei pastori”. È difficile, ammette, “restare svegli, disponibili all’accoglienza e al perdono, pronti a ricominciare sempre di nuovo, a rimettersi in cammino anche se è ancora notte”. Ma solo questa, sottolinea, “è la testimonianza che assicura al Natale ancora uno spazio in questo tempo e in questa terra, che da qui si irradia nel mondo intero”. E la sua preghiera è che “la nostra volontà di bene”, resa concreta “dal nostro impegno ad amare e a servire, sia lo spazio nel quale Cristo possa nascere sempre di nuovo!”. Il patriarca chiede allora per la Chiesa “di Terra Santa e per ogni Chiesa: che essa sia per tutti casa, spazio di riconciliazione e perdono per quanti cercano gioia e pace!”. E alle Chiese nel mondo di farsi portatrici, presso i loro popoli e governanti, “del desiderio di bene per questi nostri popoli, per la cessazione delle ostilità”.
Ai governanti: fiducia e rispetto nuove parole per il Medio Oriente
Pizaballa prega infine “che Cristo rinasca nel cuore dei governanti e dei responsabili delle nazioni”, perché si adoperino “sul serio per fermare questa guerra, ma soprattutto perché riprendano le fila di un dialogo che porti finalmente a trovare soluzioni giuste, dignitose e definitive per i nostri popoli”. La tragedia di questo momento, infatti, ci dice che non è più tempo per tattiche di corto respiro, di rimandi ad un futuro teorico, ma che è tempo di risolvere “alla radice il conflitto in corso”, rimuovendone le cause profonde e aprendo “nuovi orizzonti di serenità e di giustizia per tutti, per la Terra Santa ma anche per tutta la nostra regione”. Parole come “occupazione” e “sicurezza”, devono essere “rafforzate da fiducia e rispetto”, perché “solo questo garantirà stabilità e pace vere”.
Riparta da qui il cammino del Vangelo della pace per il mondo
Il patriarca prega allora perché Gesù possa rinascere in questa terra e perché da qui possa ripartire “il cammino del Vangelo della pace per tutto il mondo”. E nasca anche nella “nostra piccola comunità di Gaza”. Pizzaballa ricorda che aveva l’abitudine di passare qualche giorno con loro, prima di Natale. “Quest’anno non è stato possibile, ma non vi abbandoniamo”.
Con il patriarca latino di Gerusalemme c’è il cardinale elemosiniere Konrad Krajewski, inviato dal Papa per manifestare la sua vicinanza alla gente della Terra Santa in questo momento così difficile. Non partecipa invece il presidente palestinese Mahmoud Abbas. Presenti circa 1500 fedeli, per la quasi totalità cristiani palestinesi, vista l’assenza di pellegrini e turisti.
fonte: Vatican News
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