“Basta, fa malissimo!”, e Carini abbandona dopo 46 secondi. Khelif è sempre più un caso

Caos olimpico. Un solo colpo a segno, e la pugile italiana s’è arresa all’algerina al centro delle polemiche per i valori troppo “maschili” per combattere contro le donne. La politica salta sul ring

Autore: Mario Piccirillo

ROMA – Quarantasei secondi. Un solo pugno, un destro a segno, evidentemente fortissimo. Angela Carini è andata all’angolo, s’è fatta sistemare il caschetto. Poi è tornata al centro del ring, ma ci ha ripensato subito. Di nuovo all’angolo. Basta, stop. “Fa malissimo!”, urla al suo allenatore. Si fa slacciare i guantoni. Non saluta l’avversaria. Incassa il verdetto e poi si inginocchia in lacrime. E così il “caso” Imane Khelif deflagra definitivamente, con l’avversaria che getta la spugna e lascia la pugile algerina in balia del suo destino “politico” più che sportivo.

“Non me la sono più sentita di combattere dopo il primo minuto. Ho iniziato a sentire un dolore forte al naso. Ho il cuore a pezzi. Io sono una combattente. Non sono riuscita più a combattere. Non è da me arrendermi, ma proprio perché non ci riuscivo ho detto basta e messo fine al match”, spiega Carini. “Io sono salita sul ring per mio padre, la scorsa Olimpiade mio padre era in fin di vita, questa era la mia Olimpiade e volevo percorrere l’ultimo chilometro. Se mi sono fermata l’ho fatto solo per la mia famiglia“.

“Ho sentito forti le polemiche, non sono state una cosa che mi ha bloccata mentalmente. Ero qui per percorrere il mio ultimo chilometro. Sono salita sul ring pensando che avrei dato tutta me stessa a prescindere dalla persona che avevo davanti, che a me non interessa. Le polemiche non mi interessavano. Volevo solo vincere. Anche se mi avessero detto di non combattere non l’avrei accettato. Una volta il mio maestro voleva lanciarmi l’asciugamano ed ero alla prima ripresa, non mi sono mai abbattuta. Quel match l’ho vinto. Mio padre mi ha insegnato ad essere guerriera. Non ce l’ho fatto, avevo troppo dolore al naso. Non respiravo più. Il dolore era troppo forte e ho detto basta, non me la sento. Io con onore mi sono sacrificata, per me non è una sconfitta. Quando scavalchi quelle corde sei già un vincente. Io non ho perso, mi sono solo arresa con maturità. Alla mia avversaria auguro di arrivare fino in fondo e che possa essere felice. Io non sono qui per giudicare nessuno. Lottavo per il mio sogno, evidentemente Dio e mio padre hanno voluto così. Lo accetto”.

“Non so se ha il naso rotto; devo parlare con la ragazza – ha detto il dt Emanuele Renzini- Ma molte persone in Italia hanno provato a chiamarla e a dirle: ‘Non andare, per favore; è un uomo, è pericoloso per te‘”. “Avrei preferito non salire sul ring, per niente. Almeno poteva essere una protesta. Così veramente mi lascia sconcertato. Probabilmente Angela ha sentito dolore al naso perché aveva un’infiammazione al naso in questi giorni, stava prendendo gli antibiotici per via di un mal di denti, e non se l’è sentita di andare avanti. Mi spiace molto, è un peccato. Avessimo valutato prima questa opportunità non saremmo saliti sul ring creando aspettative, questo movimento di gente che s’è spostata per venire a vedere questo match. Avevo immaginato un’altra fine, questa notte ho sognato di vincerlo questo incontro. E credo che Angela poteva anche batterla, perché non è imbattibile. E’ sicuramente forte fisicamente, colpisce duro ma non è imbattibile. Avevo visto Angela gasata, motivatissima. Avevo pensato: la battiamo e facciamo il colpaccio. E invece è andata diversamente”

Recap: il Comitato Olimpico Internazionale ha ammesso al torneo femminile di boxe Khelif e la taiwanese Lin Yu-ting, escluse dai Mondiali femminili poco più di un anno fa perché i risultati dei loro esami medici non rispettavano i criteri per l’accesso alle categorie femminili dell’International Boxing Association. Troppo “mascoline”, troppo pesanti i loro colpi. Il Telegraph ci ha imbastito su una vera e propria campagna mediatica, con tanto di testimonianze delle precedenti avversarie del tipo “sono fortunata ad esserne uscita viva”.

L’incontro contro Carini valeva l’accesso ai quarti di dei pesi welter, ma aveva preventivamente scatenato la bufera politica, con tanto di intervento “istituzionale” del Ministro dello Sport Abodi. In realtà Khelif non è una donna trans, e secondo il Cio rispetta i criteri medici per l’ammissione alle gare, diversi da quelli dell’IBA. L’IBA però non è più affiliata al CIO, è stata sospesa nel 2019 per corruzione. Il suo oresidente Kremlev, imprenditore russo vicino a Putin, ha spostato in Russia la sede dell’organizzazione. Il main sponsor dell’IBA è Gazprom.

LE REAZIONI IMMEDIATE DELLA POLITICA

“Non sono d’accordo con la scelta del CIO, è un fatto che con i livelli di testosterone presenti nel sangue dell’atleta algerina la gara in partenza non sembra equa”, ha commentato la premier Giorgia Meloni, arrivata a Casa Italia a Parigi. “Mi dispiace ancora di più che si sia ritirata. Mi ero emozionata ieri quando lei ha scritto ‘Combatterò’ perché in queste cose sicuramente contano la dedizione, la testa e il carattere però poi conta anche poter competere ad armi pari”.

“Sul ring di Carini e Khelif non c’era spirito olimpico ma l’ideologia woke. E’ stata dimostrata la superiorità muscolare dell’atleta algerina, come già mostrato da numerose testimonianze. Bene ha fatto l’atleta italiana a ritirarsi. Auspichiamo la protesta formale del Coni a difesa dello spirito olimpico”. Così il presidente della Commissione Sport della Camera Federico Mollicone.

 

 

fonte: Agenzia DIRE www.dire.it

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