Come riconoscere i sintomi di influenza, Covid, virus respiratorio sinciziale e cosa fare in caso di tosse, febbre, diarrea. I consigli del pediatra
Triplicati gli accessi al Pronto soccorso dei bambini a causa di virus respiratori . In questi giorni «siamo al centro del picco dell’epidemia di malattie respiratorie anche per i bambini, non solo per gli adulti. Abbiamo tantissimi casi di bronchiolite, abbiamo bambini che hanno episodi acuti di bronchite asmatica, polmoniti. Ma fondamentalmente è la bronchiolite la malattia più frequente e che intasa particolarmente i Pronto soccorso. I tre virus che stanno circolando sono: il virus respiratorio sinciziale (Vrs) al primo posto, e poi a seguire influenza e Coronavirus Sars-CoV-2 più o meno nella stessa misura», dice Fabio Midulla, presidente della Simri (Società italiana malattie respiratorie infantili), responsabile del reparto di Pediatria d’urgenza del Policlinico Umberto I di Roma.
A rendere sempre più congestionati gli accessi al Pronto soccorso, quest’anno sono anche i numerosi virus parainfluenzali e l’aumento dei contagi multipli, ovvero quelli provocati da più infezioni virali. «Quello che riscontriamo quest’anno è la tendenza a vedere presenti, contemporaneamente, diverse tipologie di virus, soprattutto Covid e influenza insieme (la cosiddetta Flurona , ndr) condizione che rende più complessa la diagnosi anche se poi per la cura valgono le indicazioni classiche dell’influenza: antipiretici, riposo e idratazione — spiega Davide Libreri pediatra e neonatologo della Terapia intensiva neonatale all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo — . Distinguere nei bambini l’influenza classica dal Covid e dal virus respiratorio sinciziale (ndr Vrs) è piuttosto difficile, anche in quelli grandi. L’influenza, quest’anno, ha come caratteristica picchi febbrili molto alti, oltre i 39 , e una forte resistenza agli antipiretici. Questa condizione causa, comprensibilmente, un grosso allarme nei genitori che non vedendo la febbre regredire velocemente scelgono di portare i figli al Pronto soccorso, mentre bisognerebbe aspettare qualche giorno perché il più delle volte si tratta di “semplice” influenza».
Quando andare al Pronto soccorso
«Se dopo 48/72 ore di febbre alta le condizioni non migliorano, se il paziente non riesce a idratarsi, se respira male è importante far valutare il bambino — precisa Libreri —. La raccomandazione è non andare in Pronto soccorso prima, soprattutto se dando un antipiretico la febbre comunque scende e il bambino rimane abbastanza attivo, perché il rischio è che nell’attesa al Pronto soccorso – sicuramente lunga – il bambino possa essere contagiato da altro».
Cosa fare in caso di tosse
Nei bambini più piccoli, il virus respiratorio sinciziale (Vrs) è quello che va tenuto sotto maggiore osservazione perché è l’anticamera della bronchiolite «che si manifesta inizialmente solo con naso che cola e tosse che, di norma, durano tre giorni. Non sempre però, i sintomi regrediscono, soprattutto se il bambino è molto piccolo. Nella bronchiolite i virus raggiungono i bronchioli, le ramificazioni più sottili dei bronchi, creando un’infiammazione che determina accumulo di essudato e riduzione del calibro con conseguente difficoltà nel processo di ossigenazione e di rimozione dell’anidride carbonica», spiega Libreri.
Come capire se un bambino ha contratto la bronchiolite? «La tosse delle bronchiolite è una tosse stizzosa e spesso incessante, con abbondanti secrezioni. Nei più piccoli, sotto l’anno, va tenuta sotto stretto controllo, mentre sopra l’anno, può essere all’inizio stizzosa, poi catarrale e tende a risolversi da sola. Nei più piccoli, i segnali che devono allertare sono una frequenza respiratoria più aumentata, respiro affannoso, attivazione dei muscoli respiratori accessori con conseguenti rientramenti sottocostali e intercostali, suzione rallentata e difficoltà nell’alimentazione, che è uno dei sintomi più chiari che c’è qualcosa che non va — spiega Libreri —. Se un bambino fa fatica ad attaccarsi al seno o a terminare il biberon c’è probabilmente un problema respiratorio».
«La categoria dei neonati più a rischio sono i bambini sotto i 3 mesi, i prematuri e i piccoli con malformazioni polmonari o cardiopatie, i piccoli con immunodeficienze o patologie neuromuscolari che sono i bambini che vengono sottoposti agli anticorpi monoclonali che danno una protezione temporanea contro il Vrs. L’unico modo per ridurre la circolazione del virus è agire sulla prevenzione. Se c’è il fratello più grande o un parente con tosse e, soprattutto febbre (in questo caso la carica virale è più alta), è raccomandato l’uso della mascherina, il lavaggio accurato delle mani, l’arieggiare spesso gli ambienti ed evitare i luoghi affollati, che poi sono le norme di prevenzione raccomandate anche per Covid e influenza. Di norma se un bambino sopra l’anno ha la tosse, è sfebbrato, non fa fatica a respirare e gioca regolarmente, la tosse non deve preoccupare».
Cosa fare in caso di febbre
L’influenza di quest’anno ha, come caratteristica, febbre molto alta che allarma particolarmente i genitori. «È controproducente andare subito al Pronto soccorso, con il rischio di far prendere al bambino altre infezioni — spiega Libreri — . Se al primo trattamento la febbre dà segni di abbassarsi e le condizioni generali sono buone non bisogna preoccuparsi, neanche se poi tornano picchi di febbre alta. Con l’ influenza di quest’anno, picchi sopra i 39 gradi nelle prime 48 ore non devono allarmare, soprattutto se il bambino è a tratti attivo e beve regolarmente».
C’è un antipiretico più indicato per l’influenza di quest’anno? «La prima raccomandazione è di non fare un mix di farmaci, ma scegliere possibilmente da subito se curare il bambino con l’ibuprofene o il paracetamolo, in modo da evitare ripercussioni a livello epatico — continua Libreri —. Di norma il paracetamolo può essere dato ogni sei ore, l’ibuprofene ogni 8, quest’ultimo garantisce di solito un maggiore effetto antipiretico e una defervescenza più prolungata. Se la febbre dovesse essere resistente a uno dei due farmaci si può passare all’altro ma poi è preferibile continuare con quello scelto. Occorre però ricordare che l’antipiretico serve solo a dare sollievo, non per curare la febbre che rappresenta un importante meccanismo di difesa. Se il bambino è vivace si può aspettare a dargli il farmaco, che comunque andrebbe evitato se la febbre non supera i 38,5 gradi e il bambino non dovesse essere particolarmente abbattuto».
In caso di febbre è fondamentale tenere sotto controllo il livello di idratazione del bambino che, soprattutto in caso di febbre alta e la sudorazione, perde molti sali minerali. «Se è un lattante, è consigliabile attaccarlo spesso al seno, se è invece più grande, e a maggior ragione se dovesse essere inappetente, potrebbero essere indicati dei reidratanti orali che contengono zuccheri e sali minerali, potassio, sodio e altre sostanze preziose. Tra l’altro, somministrare ai bambini in stato febbrile tali prodotti, consente di prevenire l’acetone. Se il bambino ha la febbre alta ed è particolarmente abbattuto, senza segni di ripresa, allora in quel caso meglio sempre farlo vedere».
Cosa fare in caso di diarrea
Altre forme virali particolarmente diffuse in questa stagione possono generare diarrea. «In questo caso sono utili probiotici e reidratanti orali — spiega il pediatra — che servono a recuperare i liquidi e i sali minerali persi. Se il bambino continua a mangiare e si idrata è un buon segnale e si può assecondarlo nelle scelte, non necessariamente con una dieta in bianco, ma evitando solo alimenti grassi e fritti o l’assunzione di cibi ricchi di zuccheri semplici come succhi di frutta o bevande gassate che potrebbero incrementare le scariche diarroiche».
Quando preoccuparsi?
«Nei bambini sopra l’anno, due-tre giorni di febbre sono normali e non devono preoccupare. Quest’anno assistiamo a tante forme respiratorie che presentano complicanze con otiti, causate dalla presenza di una grande quantità di catarro che si accumula dietro al timpano — spiega il pediatra —. Questa condizione, nei bambini più piccoli, è particolarmente impattante, a causa del fatto che non riescono a soffiarsi il naso. Per rimuovere il catarro occorre allora far effettuare al bambino frequenti lavaggi nasali con soluzione fisiologica e, nel caso di dolore all’orecchio, è importante ricorrere tempestivamente a un antiinfiammatorio. Se il piccolo dovesse lamentare dolore forte, anziché effettuare i lavaggi nasali utilizzando la classica siringa, che crea pressione alla membrana timpanica, è preferibile utilizzare degli spray di isotonica, ipertonica o effettuare al bambino delle docce nasali utilizzando le comuni macchinette per l’aerosol».
Le complicanze: otite, bronchite asmatica e broncopolmoniti
Nel caso in cui il dolore all’orecchio, manifestato spesso con pianti inconsolabili, sia associato a febbre è probabile che si tratti di otite. «In questo caso è indicato l’ibuprofene. Se il dolore e la febbre si risolvono o regrediscono nel giro di uno-due giorni significa che il bambino è sulla via della guarigione. Se, invece, la febbre dovesse continuare o salire, occorre una visita dal pediatra che potrebbe prescrivere una terapia antibiotica — spiega Libreri —. Un’altra tendenza particolarmente diffusa quest’anno sono le bronchiti asmatiche, che riguardano soprattutto i bambini dai due anni in su. Si tratta di forme virali che possono complicarsi con difficoltà respiratorie associate a un sibilo, un fischio. Anche in questo caso è raccomandata una visita dal pediatra che potrebbe prescrivere un broncodilatatore ed eventualmente del cortisone. Nei casi più gravi, ma meno diffusi, le bronchiti possono degenerare in broncopolmoniti che hanno sintomi molto evidenti».
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