Pubblicata in Gazzetta ufficiale (n. 82 del 6 aprile) la legge 46 del 2021 che prevede l’assegno unico, ora è conto alla rovescia per i provvedimenti attuativi, che dovranno dare il via alla nuova misure di sostegno alle famiglie che il governo immagina di far partire dal prossimo 1° luglio, unificando, e in parte potenziando, i contributi oggi esistenti a sostegno dei nuclei con figli a carico. Secondo l’Istat la riforma dell’assegno unico determinerebbe un incremento di reddito per il 68% delle famiglie (in primis gli autononi che non percepiscono gli assegni familiari) e in genere per i redditi molto bassi. Per il 29,7% di nuclei si avrebbe invece un peggioramento a livello di aiuti (nuclei con figli over 21 a carico, esclusi dalla norma, famiglie particolarmente numerose, coppie di fatto, chi possiede patrimoni mobiliari e immobiliari, anche se questo costituisce un onere, ad esempio il pagamento dell’Imu), per il restante 2,3% non cambierebbe nulla.
di Claudio Tucci
A dettagliare la misura (e i primi effetti) si aggiunge un interessente approfondimento della Fondazione studi consulenti del lavoro che fotografa ai raggi X lo strumento, e fornisce alcune stime su importi e le misure che saranno superate. Partiamo con ordine.
L’assegno unico è anche “universale” in quanto spettante a tutte le famiglie con figli (dal settimo mese di gravidanza a 21 anni), senza distinzione tra lavoratori dipendenti ed autonomi, poiché il contributo economico mensile dipenderà dalla situazione economica del richiedente, così come risultante dall’indicatore Isee. In questi giorni infatti milioni di famiglie si stanno rivolgendo agli operatori fiscali per il calcolo Isee (il primo step per avvicinarsi all’assegno da luglio). La misura, probabilmente, ma qui ancora mancano i provvedimenti attuativi, avrà una componente fissa. Al massimo si potrà ottenere 250 euro, assicura il governo. L’assegno sarà, inoltre, compatibile con altre forme di sostegno, come per esempio il reddito di cittadinanza, e verrà riconosciuto sotto forma di credito di imposta o erogazione diretta della somma dovuta.
Ma quanto si potrà ottenere? Ecco. In base ad alcune simulazioni, ricordano i consulenti del lavoro, la situazione è questa. La previsione prevede l’universalismo dei beneficiari con un moderato grado di selettività: considera un importo dell’assegno costante pari a 1.930 euro l’anno (161 euro al mese) per ciascun figlio minorenne e a 1.158 euro all’anno (97 euro al mese) per ciascun figlio maggiorenne fino adun livello di Isee pari a 30mila euro (oltre alle maggiorazioni). A partire dai 30mila euro di Isee il valore dell’assegno decresce in modo non lineare sino a 52mila, con una concavità verso il basso che tende a tutelare maggiormente i nuclei con Isee meno elevato.Oltre 52mila di Isee l’assegno resta costante a 800 euro l’anno (67 euro al mese) per ciascun figlio minorenne a carico e a 480 euro l’anno (40 euro al mese) per ciascun figlio maggiorenne.
L’Italia è molto al di sotto della media Ue in termini di aiuti alle famiglie con figli. La spesa pubblica per il sostegno delle famiglie nel 2017, infatti, era per l’Italia pari all’1,1% del Pil contro una media Ue pari al 2,2%. L’incremento di risorse derivante dagli stanziamenti per l’assegno unico a partire dal 2022 (cioè dal momento in cui il valore si stabilizzerà in base alle disposizioni attuali) è pari a 6 miliardi (21,6 miliardi cui sottrarre i 15,6 attualmente spesi per famiglie con figli a carico). Ipotizzando che la media Ue della spesa in percentuale di PIL resti invariata, ciò vorrebbe dire, secondo lo studio dei consulenti, che l’Italia vi si avvicinerebbe alla quota europea raggiungendo un valore dell’1,5%. In particolare, se si assumesse anche che i valori della spesa per i singoli 27 paesi Ue fossero uguali a quelli del 2017 l’Italia guadagnerebbe 7 posizioni, passando dalla venticinquesima alla diciottesima.
Molto interessante poi dello studio è che si sofferma sulle misure che verranno sostituite. Ne elenca sei, alcune delle quali molto importanti per le famiglie. Verranno eliminati l’assegno ai nuclei con almeno tre figli minori; l’assegno di natalità; il premio alla nascita o all’adozione (l’una tantum di 800 euro); il fondo di sostegno alla natalità. Nel quadro poi di una più ampia riforma del sistema fiscale, le altre due misure gradualmente superate o soppresse sono: le detrazioni Irpef per figli a carico e l’assegno per il nucleo familiare. Queste misure ammontano a circa 15 miliardi di euro secondo una stima dell’Ufficio
Parlamentare di Bilancio e corrispondono alla quasi totalità delle spese per le famiglie, identificata dall’Istat in 16,7 miliardi nel 2019. Le misure di sostegno escluse, che ammontano a circa 2 miliardi, sono: i bonus asili nido, i congedi parentali e relative indennità, la carta famiglia (attivata solo nel 2020) e il fondo politiche per la famiglia (le cui risorse vengono utilizzate sia a livello centrale sia a livello locale). Lìassegno unico coprirebbe, quindi, quasi tutte le misure esistenti ad oggi.
Una battuta infine sulle risorse a disposizione dell’assegno. Come detto, le risorse derivanti dall’eliminazione delle sei precedenti forme di sostegno sono di circa 15 miliardi. A queste si aggiungono le risorse stanziate appositamente dalla legge di Bilancio per il 2020 (1.044 milioni per il 2021 e 1.244 a partire dal 2022) per la creazione di un fondo assegno universale, risorse che sono state incrementate di circa 3 miliardi per il 2021 dall’ultima manovra. La stessa legge ha anche istituito un apposito fondo per l’attuazione della riforma fiscale, la cui dotazione sarà utilizzata per l’assegno universale eservizi alla famiglia per una quota compresa tra i 5 e i 6 miliardi a partire dal 2022. In totale, quindi, le risorse per l’assegno universale ammonterebbero per il 2021 a circa 19 miliardi e dal 2022 a circa 21,6 miliardi. L’aumento rispetto ai precedenti benefici per la famiglia ammonterebbe a circa il 40% nel 2022, quando la riforma che è prevista dal 1° luglio 2021 dovrebbe entrare a pieno regime.
fonte: Il Sole 24 ORE
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